MAURIZIO FERRARIS: POST-CORONIAL STUDIES. Seicento sfumature di virus–
(Ed. EINAUDI, Torino, 2021): pag. 126, Euro 12

Il pregio del libro va riconosciuto nell’evitare ogni polemica, politica o ideologica o statistica, e dunque in un lavoro di prospettiva che sposta l’attenzione, e dunque la riflessione, dal contingente e occasionale verso importanti riferimenti culturali capaci di aprire orizzonti non provvisori.
A livello stilistico il filosofo non rinuncia all’ironia, ma questo serve solo a rendere la lettura più scorrevole.
Molto si è scritto in questi due anni di pandemia e la linea dominante è stata quella drammatica che ha trasformato un evento della vita umana in qualcosa di tragico usato di volta in volta per sparare contro il capitalismo, contro la tecnica, contro la cattiveria umana, contro l’inquinamento, contro la caduta dei valori. Si è oscillato tra complotti di varia natura, minimalismi (è solo un’influenza), massimalismi (fine della vita sulla Terra), in modo che, invece di riflettere su ciò che succedeva si dava vita a una realtà prodotta dal singolo pensiero.
Ferraris riporta la riflessione con i piedi per terra, ricordando che né slogan né proclami hanno mai aiutato gli uomini a superare i problemi e le difficoltà che di volta in volta incontravano. Al contrario, come sempre è stato, punti forti sono la comprensione e la trasformazione aiutati in ciò dallo sviluppo della scienza e della tecnica.
Il libro è diviso in quattro capitoli: 1) Documentazione del mondo della vita; 2) Virus complottista; 3) Virus biopolitico; 4) L’educazione dell’Homo Sapiens.
Qui mi limiterò ad alcune riflessioni che mi sono sembrate di particolare importanza per un approccio positivo al tema, positivo nel senso etimologico di qualcosa che pone le basi per progredire.
Un primo elemento riguarda il “mito del buon selvaggio” che si riaffaccia sempre nelle anime pure e che approfitta di eventi naturali per sproloquiare, dimenticando che non esiste qualcosa come un umano in sé, indipendente dalla tecnica e dalla società e tanto più vicino all’ordine e alla perfezione quanto più è prossimo all’origine e alla natura; “l’umano senza tecnica e società è solo un animale più svantaggiato”.
Un secondo elemento riguarda l’allucinazione sul concetto di tecnica, questo mostro di cui saremmo schiavi, senza comprendere che le macchine non sono dotate di ragione, volontà, intenzione e che dunque non sono organismi ma meccanismi, dipendenti dall’uomo e che anzi quanto più sono complesse tanto più sono dipendenti dagli esseri umani.
Un altro aspetto riguarda la riflessione sul concetto di resilienza, a dimostrazione di quanta ignoranza e superficialità sia siano manifestate in questi due anni di Coronavirus. Una delle parole più usate è stata resilienza, intesa come capacità di resistere; parola fino a qualche anno fa usata solo in ambito industriale è diventata il mantra dei neofiti. E perché non usare semplicemente la parola resistenza? Perché questa parola proviene da quel mondo tecnico e scientifico che altrove viene criminalizzato. E però resilienza è “Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura dinamica, determinata con apposita prova d’urto.” (Treccani): il metallo rimane metallo. Gli esseri umani, le società umane, dopo il Coronavirus non rimarranno le stesse.
Infine mi pare importante la riflessione sul green pass, documento osteggiato da molti come attacco alla libertà individuale. L’autore fa notare nell’Epilogo come, contrariamente a certe affermazioni, il green pass ha a che fare con i diritti di cui rappresenta un’estensione: come la carta d’identità, la tessera sanitaria, la patente, la carta di credito ecc. si tratta di strumenti abilitanti che permettono, molto prima e molto più che vietare. E questa è la storia dell’umanità, per cui i servi che andavano nelle città medievali per diventare liberi dovevano iscriversi nei registri delle parrocchie: erano liberi grazie a un documento. Viceversa i reclusi nei campi nazisti venivano ridotti a un numero tatuato sul braccio, questo era il loro documento che li riduceva alla vita vegetativa. Chi ha paragonato l’imposizione del green pass con il nazismo e le tirannidi mostra solo ignoranza e miseria morale.
Mi fermo qui. Il libro è un materiale importante per recuperare proprio quella dimensione umana che ha caratterizzato la nostra specie: dopo la peste del 1348 abbiamo la grande stagione del Rinascimento, dopo la peste del 1600 la Rivoluzione Industriale. Perché l’uomo è tale quando, come dice Leopardi, guarda in faccia la Natura matrigna per costruire il proprio futuro. Il capitolo quarto, “L’educazione dell’Homo sapiens” illustra bene questa prospettiva che riporta l’uomo alla sua storia; qui citerò solo i titoli dei paragrafi, lasciando al lettore il compito, e la curiosità, di ricostruire quel percorso. Essi sono: Ringiovanimento – Lavoro – Consumo – Webfare – Libertà.
Al di là di complottismi e lamentismi inutili.