LA VITTORIA DELL’OCCIDENTE di R. STARK (Ed. Lindau, 2014, pag. 562)- Euro 34. Nuova. |
“La negletta storia del trionfo della modernità” è il sottotitolo del libro, che recupera e sviluppa gli studi di un altro celebre autore J. Diamond: Armi, acciaio e malattie (Einaudi 1998).
In questa sede avevo proposto lo stesso argomento attraverso i libri di Nemo e Ferguson: tutti e tre gli studiosi affrontano lo stesso tema, quello del successo dell’Occidente attraverso gli ultimi secoli e lo fanno con articolazioni diverse, per quanto riguarda sia gli eventi sia le riflessioni, ma il percorso e gli orizzonti si intrecciano.
Siamo in un terreno completamente scientifico, fuori dal moralismo e dall’anacronismo del politicamente corretto che ha abolito i corsi di “Western civilization” perché prosecutori del colonialismo (sic!). Per fortuna viviamo in Paesi liberaldemocratici e possiamo anche leggere libri di studiosi che non si vergognano di portare alla luce le proprie scoperte, compararle con gli altrui studi e così giungere ad esprimere le proprie conclusioni.
E’ evidente che l’Occidente ha vinto nei confronti di tutte le altre culture e lo ha fatto per la continuità di un percorso che ha migliorato le condizioni di vita dell’umanità. “Non c’è dubbio che la modernità occidentale abbia i suoi limiti e i suoi malcontenti. Eppure, è di gran lunga migliore delle alternative di cui siamo a conoscenza, non solo, o persino soprattutto, a causa della sua tecnologia d’avanguardia, ma anche del suo fondamentale impegno per promuovere la libertà, la ragione e la dignità umana” (pag. 562).
Stark individua il punto di svolta nel mondo greco, quel mondo a cui Ebrei, Romani e Cristiani hanno fatto riferimento e da cui, nonostante profonde differenze, siamo ancora legati per la linfa vitale.
La libertà riconosciuta come prerogativa del vivere sociale, la ragione come strumento di indagine continua e inarrestabile, da cui l’idea di progresso, scienze e tecniche all’avanguardia, una cultura vasta e differenziata. E persino ai greci si deve l’invenzione del gioco, come ricorda il libro (pag. 24) citando gli studi della grande classicista Edith Hamilton, The Greek way: gare atletiche, di danza, musicali e di ogni altro genere.
Divertimento e competizione.
In questi nuclei germinatori si trova la spiegazione non semplicistica del fallimento sul breve o lungo termine delle altre civiltà.
1)La siderurgia cinese sviluppatissima nel X secolo grazie all’iniziativa privata fu confiscata e andò perdendo la sua importanza: i mandarini la consideravano una minaccia ai valori del confucianesimo e alla pace sociale.
2)Nel 1485 Bayezid II, sultano dell’Impero Ottomano, mise fuori legge la stampa.
3)Polvere da sparo e orologi apparvero in Cina forse prima che in Europa, ma poi quando arrivarono gli europei erano praticamente scomparsi.
4)Anche nei viaggi di esplorazione i Cinesi non furono secondi a nessuno, almeno fino al 1433: dopo cessarono perché un decreto imperiale proibì la costruzione di navi in grado di varcare l’Oceano.
Sono alcuni esempi che non sono semplici episodi, ma che riflettono una precisa visione del mondo: per una quantità maggiore di episodi vedi il libro di Diamond, il cui scopo è diverso da quello di Stark.
La visione del mondo che accomunava Islam e Cina nell’idea di declino, è espressa nel primo hadith del Corano: “Il tempo ha concluso il suo ciclo tornando là dove era il giorno in cui per la prima volta furono creati il cielo e la terra” (pag.69).
In Cina, oltre all’idea confuciana per cui il passato era superiore, si pensava che “nel mondo esterno non ci fosse nulla che potesse avere valore per la Cina e che qualsiasi contatto potesse destabilizzare l’ordine sociale confuciano” (pag. 73).
L’idea di progresso è assente in quegli universi.
Stark prosegue la sua analisi (dal capitolo 3 al 18) mostrando i passaggi che hanno permesso all’Occidente di affermarsi a livello globale, contribuendo a favorire lo sviluppo anche nella maggior parte del resto del mondo.
Si tratta di un viaggio di grande interesse, basato su eventi noti e meno noti, sempre con spirito costruttivo, mai ideologico, e che non si tira indietro quando deve confutare luoghi comuni che purtroppo il politicamente corretto tende a universalizzare.
E’ un viaggio che vede protagonisti i Greci, i Cristiani e poi l’Europa intera: di questo viaggio affascinante non viene nascosto nulla, evitando però sia il moralismo sia l’anacronismo. E’ un viaggio non solo nelle scoperte scientifiche e nello sviluppo tecnologico, ma anche nella diffusione della ragione e della libertà, della cultura e del pensiero, di una crescente consapevolezza sociale e individuale. Certamente questo percorso non è stato rettilineo, ma ha visto ritardi, lentezze, chiusure, rotture e restaurazioni: ciò che non è mai mancato, almeno fino ad ora, è stato l’orizzonte.
Nelle 562 pagine del libro si entra in contatto con un passato di cui spesso si parla in termini generali e ideologici e il racconto è talmente ricco di eventi che riguardano tutti i continenti e tutte le epoche da presentarsi quasi più come un testo narrativo che come un saggio. I fatti smentiscono tesi comuni che tendono a demonizzare l’Occidente e a valorizzare le altre popolazioni.
L’autore rifiuta sia l’anacronismo, cioè valutare episodi del passato con la mente di oggi, sia il moralismo, cioè valutarli non nella loro dimensione storica ed effettiva ma alla luce di principi astratti.
E’ così che emerge un punto di vista per fortuna sempre più condiviso che parla degli eventi in modo realistico. L’autore non nega aspetti violenti e di sopraffazione di cui l’Occidente si è reso protagonista, ma individua nella nostra storia una capacità di superare anche i momenti peggiori, dando vita e consistenza a un mondo senz’altro migliore. Cose di cui le altre popolazioni non possono andare fiere.
Questo è stato possibile perché, a differenza di altre culture, la nostra non si è mai tirata indietro nel coinvolgere un sempre maggior numero di persone nella conoscenza e perché costante del mondo greco come di quello cristiano è la convinzione che l’essere umano sia dotato di libero arbitrio.
Illuminanti nel ribaltare luoghi comuni purtroppo diffusi anche dalla scuola sono le pagine sulla schiavitù, sulle consuetudini atroci dei popoli nativi delle Americhe (come risulta dai resti precolombiani), sull’arretratezza del mondo islamico anche in quello che continua a essere esaltato come contrappeso ai Secoli Bui occidentali e che tale è rimasto nel corso dei secoli successivi.
Illuminanti anche le pagine che descrivono l’abisso di conoscenza e di alfabetizzazione tra Occidente e resto del mondo e come non abbia alcun fondamento l’idea che la crescita dell’Occidente sia avvenuta a danno dei popoli degli altri continenti, mostrando al contrario gli effetti benefici prodotti in termini di medicina, cultura e tecnologia.
A questo proposito sappiamo bene quanto abbia influenzato il “colonialismo” inglese sulle possibilità finalmente espresse di un Paese come l’India; si è sempre saputo che la rete di trasporti, la liberaldemocrazia e la diffusione della lingua inglese a tutti i livelli abbiano in passato permesso la formazione di una élite indiana e ora, grazie alla globalizzazione, anche di una classe media locale. Questo a livello più generale. Su un piano più semplice, ma non per questo meno importante, il libro ci riporta ai “duraturi benefici dell’impegno missionario nel campo della medicina e della salute. Missionari protestanti americani e inglesi fecero enormi investimenti in strutture sanitarie in Paesi non occidentali. Nel 1910 avevano già fondato 111 scuole di medicina, oltre 1000 dispensari e 576 ospedali” (pag. 557).
Ancora. Una ricerca del team di Robert Woodberry del 2007 sugli effetti a lungo termine dimostra che “quanto più elevato era nel 1923 il numero di missionari protestanti ogni 1000 abitanti, tanto più basso era il tasso di mortalità infantile nel 2000…idem per l’aspettativa di vita” (pag. 557-558).
Sui benefici del colonialismo è interessante una dichiarazione (2017) di Helen Zille, attivista anti-apartheid, poi capo dell’opposizione e infine premier della Provincia del Capo Occidentale in Sud Africa: “il colonialismo non fu solo negativo come dimostra l’indipendenza del nostro sistema giudiziario, le infrastrutture del trasporto, l’acqua corrente”. Frasi per cui si voleva processarla.
Sono analisi e riflessioni scomode, ma basate su studi seri e approfonditi: la vittoria dell’Occidente (come titola il libro) non è un postulato da cui partire, ma la sintesi di uno studio non indifferente, di cui le 48 pagine di bibliografia rendono giustizia.
A coloro che parlano di imperialismo culturale dell’Occidente Stark risponde che per coerenza allora dovrebbero “sentirsi a proprio agio di fronte a crimini contro le donne come la fasciatura dei piedi, la circoncisione femminile, la pratica del sati (che obbligava le vedove a morire tra le fiamme sulla pira funebre del marito) e la lapidazione delle vittime di stupro in quanto colpevoli del loro adulterio. Richiede anche di ammettere che la tirannia è auspicabile tanto quanto la democrazia e che la schiavitù dovrebbe essere tollerata se in linea con le tradizioni locali. Analogamente impone di considerare l’alto tasso di mortalità infantile, la perdita dei denti all’inizio dell’età matura e la castrazione di ragazzini, aspetti validi delle culture locali, da proteggere insieme all’analfabetismo” (pag. 555).
Si tratta di aspetti noti da tempo e che io stesso da decenni propongo nei miei interventi, comprese le mie lezioni, eppure sembra che molti preferiscano autodistruggersi piuttosto che impegnarsi nella definizione di una scala di valori.
L’autore prende il toro per le corna e non rinuncia ad affrontare argomenti scomodi che sviluppa sempre in modo razionale, documentato e approfondito: la lettura di questo libro è qualcosa di necessario per chi vuole costruire un percorso personale evitando di affogare nel pantano dell’ideologia. Esso ci riporta con i piedi per terra e ci dà quel senso di libertà che solo la lettura di un buon libro è in grado di proporre: non parte da un presupposto ideologico per sostenere una tesi, ma mostra i diversi passaggi che lo portano a sostenere quella tesi, senza nascondere nulla di ciò che può piacere e di ciò che può turbare. E’ proprio grazie a questa libertà di pensiero, fondamentale caratteristica del mondo occidentale, che riusciamo a recuperare le nostre radici e guardare al futuro in modo positivo.