THAILANDIA 2022

ANTE SCRIPTUM

Questa nuova serie di articoli parlerà dei miei viaggi a ritroso nel tempo e il loro punto di partenza è il senso spiegato nel mio libro “Viaggio e labirinto” attualmente in ristampa. I miei viaggi sono stati sempre, e continuano ad esserlo, momenti di costruzione della mia persona e, in questo senso, difficilmente inquadrabili in Guide Turistiche o Saggi di cultura. Solo una visione euristica, poliedrica, complessa può trarre vantaggio da quanto scrivo e da quanto in genere propongo, senza una visione ideologica, cara alle Guide del secolo scorso (esemplare la collana CLUP), né alle diverse sfaccettature mostrate dal così detto post-moderno: da La guia del ocio o Guida dell’ozio alle numerose Avventure del mondo.

Convinto da decenni, sulla scia di Baudelaire Rimbaud Nietzsche & Co., che non esiste un “vero Io” ancor più rimango convinto che non esista una “vera Thailandia, una vera Argentina, una vera Amsterdam” et cetera.

E’ in questo senso che mi dedico a queste pagine, superando quell’attitudine, che fu anche mia negli anni Ottanta del secolo scorso, e che concludeva con acquisizioni di carattere generale e comunitario, del tipo “gli indiani sono un popolo affettuoso, gli argentini sono duri, quasi come i tedeschi, mentre i turchi sono gentili” e via discorrendo. Da alcuni decenni i miei orizzonti si sono spostati, nei viaggi come nella vita affettiva e professionale: dalla ricerca di una verità fuori di me alla costruzione dei numerosi frammenti che costituiscono la mia persona e che si avvalgono del contributo dato dagli incontri con qualsiasi individuo e con qualsiasi luogo. E’ in questo senso che il viaggio è non solo un ottimo punto di vista, ma anche un ottimo strumento operativo.

Devo così tornare indietro per poter andare avanti, da quel verso di Baudelaire, scoperto molti decenni fa e che recita “I veri viaggiatori sono solo coloro che partono per partire”.

 

  • ITINERARIO IN 21 GIORNI

 

Bangkok – Sukhotai – Chiang Mai – Chiang Rai – Triangolo d’Oro – Fiume Mekong – Phu Chi Fa – Phayao – Lampang – Lamphun – Chiang Mai – Ayutthaya – Ko Samui – Nakhom Pathan – Bangkok

 

  • BANGKOK

 

Ero stato a Bangkok molti anni fa e vedere come è cambiata mi ha fatto capire quale sia stata l’evoluzione avvenuta negli ultimi decenni in molte metropoli principalmente asiatiche, ma non solo. Non è più la città grande ma non molto diversa di come era in passato, perché oggi essa appare molto più simile a Singapore che a Yangoon, la vecchia cara Rangoon, ex capitale della Birmania (oggi Myanmar). Che si arrivi con un aereo o con un mezzo stradale la skyline della città si presenta per la quantità di grattacieli che occupano gran parte dell’orizzonte. Entrando dentro questa estesa area urbana non si può certo cogliere quella programmazione urbanistica tanto decantata in Occidente, come frutto dell’esperienza rinascimentale, ma ci si rende conto di come lo sviluppo della città sia avvenuto in maniera certamente funzionale. Molte superstrade o autostrade a pagamento percorrono la città a livello sopraelevato, mentre un sistema di treni veloci (BTS) e metro (MRT) permette collegamenti rapidi ed efficienti tra diverse, e importanti, aree della città. Certamente spesso, e in certe aree centrali e moderne dove si svolge gran parte dell’attività lavorativa, il traffico risulta lento ma non caotico, regolato da un sistema giapponese abbastanza funzionale e che dà l’impressione di guidatori prudenti e pazienti. La prudenza dei guidatori thailandesi riguarda solo le città, perché fuori la Thailandia ha record di incidenti stradali non invidiabile.

A distanza dell’ultima volta che sono stato a Bangkok non c’è dubbio che il livello di inquinamento sia diminuito di parecchio, nonostante il traffico sia notevolmente cresciuto. Una parte importante degli spostamenti avviene anche per via fluviale lungo il fiume Phra Chao e i canali che da esso si dipartono, dove sono scomparsi i mercati galleggianti che avevano dato un’impronta caratteristica alla capitale. Oggi i pochi floating markets rimasti sono aree destinate al turismo e in genere si tratta di pontoni ormeggiati lungo la riva. Parlare di turismo porta istintivamente a due luoghi comuni difficili da sradicare: uno riguarda l’immagine di Bangkok come centro di perdizione e prostituzione, meta di un turismo sessuale forsennato ed esclusivo; l’altro ha a che fare col pensiero di turisti bianchi, occidentali, soprattutto europei. Nel primo caso la realtà è cambiata facendo di BANGKOK una comune metropoli internazionale dove, come a Copenhagen, Boston o San Paolo, si può consumare anche il sesso.

Nel secondo caso la globalizzazione ha mescolato le carte e in città si vedono turisti anche diversi orientali, soprattutto cinesi, coreani, giapponesi. E’ pensabile che una volta superato l’allarme Covid in tutto il mondo i flussi turistici avranno origini ben più ampie.

Il punto di riferimento del turista in Thailandia sono senza dubbio le Pagode (wat) che non sono solo edifici, ma aree ampie di pellegrinaggio, preghiera, devozione, ritualità, riposo, meditazione, mentre un monaco è sempre a disposizione per tutti coloro che hanno bisogno di parole. Spesso i wat sono anche luogo di studio, vere e proprie scuole dove il monaco, che può essere tale anche solo temporaneamente, impara a confrontarsi con i testi più importanti della religione buddista. In questo senso la pagoda è un insieme di luoghi aperti molto frequentati dai thailandesi in genere con offerte votive anche le più strane, come oggetti di ogni tipo oltre ai classici fiori e candele. Il wat è un insieme di strutture che, di tempio in tempio, impariamo a conoscere; le più importanti sono il bot, il sancta sanctorum; il vihan, che è un bot secondario;  il chedi, lo stupa, a forma di campana con un cono sopra che contiene le reliquie sacre. Completano l’area altre strutture, statuarie o decorative, molti alberi e in genere anche numerose campane e gong spesso di diverse dimensioni, il cui suono, intenso e duraturo, ricorda quello dei cimbali tibetani.

A Bangkok le pagode sono numerose e tutte possono interessare e appassionare, vista la notevole diversità dai luoghi religiosi a noi comuni; è inutile fare qui un elenco delle pagode da visitare. Oltre a quelle suggerite dall’Ente per il turismo e dalle guide può risultare interessante recarsi in quei luoghi dove sono presenti statue giganti, anch’esse colorate, del Buddha o di qualche Monaco importante. A Bangkok ce ne sono almeno due che meritano la visita: una più centrale, la Wat Indharavirarn e l’altra di là dal fiume ma egualmente raggiungibile col metro, la Wat Paknam Phasi Charoen.

Bangkok è una metropoli moderna che, come tale, si fregia di Centri commerciali collocati soprattutto nella parte orientale, luoghi pieni di negozi e di marche internazionali, a molti piani e dotati di bar e ristoranti. Sono sempre pieni soprattutto nell’area di Siam ed è facile vedere adolescenti, appena usciti da scuola, con ancora l’uniforme addosso, aggirarsi per il quartiere aggiungendo vibrazioni sorridenti alle vibrazioni che provengono dai negozi e dai mercatini all’aperto che si snodano nelle strade vicine. In questo senso anche i numerosi banchini che vendono di tutto, dai cinturini di orologio alle zuppe alla frutta, si presentano ordinati e in genere puliti. Anche questo è un aspetto di Bangkok che qualcuno ha definito la città dell’ordine confuso o della confusione ordinata, insomma una moderna metropoli complessa.

Concludo con qualche spigolatura.

Bangkok presenta dei parchi anche in zone centrali e in particolare uno, il Lumphini Park, è un vero e proprio polmone verde ben curato in cui è possibile vedere gente a fare jogging.

A Bangkok esiste poi un Museo della medicina, vicino alla Thonburi Railway Station (Siriraj Medical Museum) un piccolo ma interessante museo sulle malattie, le ferite, la strumentazione, la parassitologia e con numerosi feti o neonati che non sono sopravvissuti a causa di malattie spesso deformanti: ci si arriva facilmente con un ferry.

Per gli amanti dello street food Bangkok è una realtà straordinaria che mette in scena le numerose ricette della cucina thailandese tra le più gustose di tutto il sud est asiatico, sicuramente molto di più per sapori e varietà di quella malese. Si va dalle zuppe con i diversi tipi di spaghetti alle carni grigliate o fritte ai dolci e anche a pesci, gamberi, granchi e aragoste alla brace; per non parlare della frutta che più esotica non si potrebbe.

 

  • SUKHOTAI

 

Patrimonio UNESCO la città fu la capitale di un antico impero. Si raggiunge in treno o aereo fino a Phitsanulok (Don Mueang airport) e da qui in autobus oppure in aereo direttamente da Bangkok (Suvarnabhumi airport) e l’aeroporto dista una ventina di chilometri dal sito. Esiste la Nuova Sukhotai e la vecchia, cioè i resti storici a una decina di chilometri. Per lasciare il sito occorre tornare al bus station della città nuova oppure un bus al giorno dalla città vecchia porta a Chiang Mai. Detto questo conviene restare nei pressi.

Il Parco Storico è delimitato da un canale quadrangolare e presenta numerosi palazzi e templi, intatti o restaurati, dalle forme più svariate. Esiste un solo chedi mentre wat fortemente ondulati e istoriati mostrano influenze cambogiane e dunque un’eredità storica che risale a un periodo che va dal VI al XV secolo d. C. Dato il ruolo importante avuto dalla città il Parco Storico delimitato dai canali rappresenta solo il centro e dunque tutta la regione è disseminata di pagode e altre strutture regali, tutte facilmente raggiungibili dalla bicicletta che è il mezzo da usare per la visita. In particolare merita il Wat Saphan Hin qualche chilometro fuori, in cima a una scarpata dove si trova un gigantesco Buddha di 12 metri che domina la vallata.

Il luogo è tranquillo e riposante, mentre i negozi che gli sono sorti tutt’intorno rappresentano un piacevole rifugio e un meritato ristoro al termine di una visita che in qualsiasi stagione deve fare i conti con il caldo, l’umidità e l’afa. Noleggiare le biciclette è facilissimo.

 

 

 

 

  • CHIANG MAI

 

Da Sukhotai Old Town a Chiang Mai in bus sono circa 5 ore. Se si opta per il treno occorre andare a Phitsanulok (1-2 ore di bus) e da qui il treno, confortevole, impiega non meno di 6 ore. Non esiste l’opzione aerea se non via Bangkok.

Chiang Mai è la seconda città turistica thailandese non marina, mentre per numero di abitanti si colloca solo all’8° posto. Deve la sua fama alla vicinanza al Triangolo d’oro e dunque al traffico dell’oppio, tanto che negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso era una delle mete favorite dai giovani turisti europei alla ricerca di paradisi artificiali. La città non è molto cambiata da un punto di vista urbanistico, ma il turismo ora è rivolto alla parte storica della città e alle escursioni sulle vicine montagne dove vivono popolazioni etnicamente diverse e dai costumi originari.

La città fu il centro principali di un Regno del popolo Thai del Nord, i Lanna, e dovette subire la dominazione birmana anche per la sua posizione a metà strada tra la Birmania e il Regno di Ayutthaya che dominò la regione trovandosi a 50 chilometri da Bangkok. I Birmani furono molto duri nei confronti dei thai giungendo a spogliarne l’oro con cui questi avevano rivestito le proprie pagode che spesso venivano anche distrutte.

La storia si ripete ovunque e i sostenitori della cancel culture e dell’anti occidentalismo dovrebbero studiare un po’ di più.

Anche il centro storico di Chiang Mai è circondato da un canale quadrangolare e da mura ancor oggi parzialmente visibili, ma non è un Parco Storico per cui templi e palazzi si trovano immersi in una struttura che presenta edifici (soprattutto hotel e ristoranti) ad uso civile. Molti sono i luoghi che meritano una visita e ogni guida sa indicarli.

Un punto ineludibile, da non perdere assolutamente, si trova in cima a una collina a una decina di chilometri dal centro: il Wat Doi Suthep. La bellezza del Chedi si unisce alle decorazioni di tutti gli altri spazi e al panorama sulla città, ma soprattutto questo è uno dei luoghi in cui il turismo si mescola alla vita religiosa della popolazione perché è un luogo sacro e molti sono i pellegrini che vi si recano con le loro offerte, mentre un monaco è sempre a disposizione di chi voglia parlare con lui. Fuori dalla Pagoda c’è il classico centro di negozietti e bancarelle per visitatori che offrono di tutto, dalle zuppe agli spiedini alla frutta ai succhi e certamente non mancano i venditori di souvenir. L’altezza del luogo, la sua immersione nella foresta, la commistione rispettosa tra fedeli e turisti ne fanno uno dei luoghi più piacevolmente visitabili. Nel ritorno in città pochi chilometri più in basso c’è uno spazio arcadico con edifici, cascate, decorazioni che fa riferimento a una piccola pagoda, la Wat Pha Lat.

Una breve digressione a questo proposito. Nonostante l’enfasi data dalle guide al principale patrimonio thailandese, che è il wat, esiste un rischio per il viaggiatore, ed è quello di una indigestione che produce noia e trasforma il piacere in qualcosa di diverso, fino ad arrivare al rifiuto. Per questo se il viaggio è divertimento (nel senso etimologico di dis-vertere, cioè volgere fuori dalla via diritta) allora dobbiamo saper usare il divertimento del divertimento, proprio per evitare un’overdose di pagode. Si possono lasciar perdere alcune pagode e cercare qualcosa che si presenti dis-verso (poco o tanto). In questo senso la visita alla Wat Doi Suthep rappresenta un buon antidoto.

Da non perdere, perché il viaggiatore è anche un turista, i mercati locali dove si trovano oggetti di souvenir (dai falsi agli originali, dai poco costosi ai meno economici) e cibo locale, tra cui anche scorpioni e scarafaggi (ma non solo). Il punto di riferimento è il Night Market che si trova ad est tra la Porta di Thaepae e il fiume e che si svolge tutti i giorni; interessante è anche il Night Market domenicale che occupa le vie del centro e che presenta tutto ciò che può interessare. Naturalmente in entrambi non manca la possibilità di fare massaggi, il top dell’offerta thailandese.

 

  • IL TOUR AL NORD

(CHIANG MAI) CHIANG RAI – TRIANGOLO D’ORO – CHIANG SAEN – MEKONG – PHU CHI FA – PAHYAO – LAMPANG – LAMPHUN ((CHIANG MAI))

Non avendo troppo tempo a disposizione ci siamo concentrati su ciò che ritenevamo essenziale, tenendo conto anche della stagione delle piogge che non favorisce l’escursionismo. La regione del Nord è una regione montagnosa e le piogge possono essere imprevedibili e pericolose se non proprio funeste con allagamenti ed uscite dei fiumi dall’alveo. E’ in questa regione che è avvenuto l’episodio dei tredici ragazzi rimasti intrappolati in una grotta proprio per le forti piogge monsoniche, episodio che ha trovato la sua perfetta rappresentazione nel recente film “Tredici vite” con Colin Farrell e Viggo Mortensen, un film che parla della Thailandia e della sua gente molto più e meglio di tanti reportage giornalistici.

Si è trattato di 1.100 chilometri fatti in quattro giorni.

La prima tappa è stata Chiang Rai dove si è palesato quel dis-vertimento del dis-vertimento di cui parlavo poco sopra. Infatti abbiamo visitato tre luoghi un po’ diversi dal normale: la Pagoda Bianca, la Pagoda Nera e la Pagoda Blu.

La Pagoda Bianca è un luogo recente (2008) opera di un artista locale che colpisce sia per il colore sia per la composizione che fa pensare che sia fatta di vetro o di cristallo; la struttura ricorda quella classica delle pagode con i corsi d’acqua, i ponti, le diverse sale e i diversi edifici. E’ un bello spettacolo. Chi volesse approfondire potrebbe scoprire i significati che si celano dietro il bianco (la purezza del buddismo) e il vetro (la via verso la felicità).

La Pagoda Nera in realtà non è un luogo religioso anche se ne ricorda alcune forme; si potrebbe dire che è un’anti-pagoda, in realtà un museo (Ban Daam Museum) che espone al proprio interno dell’edificio principale tutto ciò che nell’universo popolare buddista si presenta come negativo, demoni, idoli e quadri volutamente raccapriccianti, oltre a enormi coccodrilli e lunghissimi serpenti in perfette condizioni. Non manca l’esposizione di figure sessuali deformate e deformanti. Più curioso che interessante. Dunque dis-vertente.

La Pagoda Blu è invece un tempio molto classico con tutte le strutture che possiamo trovare altrove e con gli elementi comuni ai wat di tutta la Thailandia, compresi i Chofah. L’unico elemento dis-vergente è il colore blu che è del tutto inusuale nonostante esso rappresenti il colore della saggezza.

Vedere tutti i tre templi in un solo giorno è indubbia fonte di piacere.

Un altro luogo curioso si trova a una decina di chilometri dal centro: il Wat Pla Kang. Si tratta di una statua alta 90 metri che rappresenta Guanyin, dio della compassione, ed è un culto di origine cinese. Il Dio, dalle giovani fattezze, è seduto su una platea di fior di loto.

A Chiang Rai si mangia dell’ottimo pesce di fiume.

Da Chiang Rai alla frontiera con il Laos (Ponte dell’amicizia dopo Chiang Khong) si segue il Mekong passando per un centro archeologico di rilievo, Chiang Saen. Il luogo di maggior impatto è il Triangolo d’oro, dove la confluenza di un affluente nel Mekong divide l’area in tre luoghi appartenenti a tre nazioni: Myanmar, Laos e Thailandia. Era il luogo centrale del Traffico d’oppio, sia per l’evanescenza delle frontiere sia perché la Cina dista non più di 200-300 chilometri di via fluviale. La parte più interessante è quella thailandese con enormi statue dorate, mentre sia in Birmania sia nel Laos si concentra la presenza attuale del Regime Cinese, con casinò e abitazioni moderne.

Il Mekong è il fiume più lungo del sud-est asiatico, quasi 5.000 km e sfocia in Vietnam partendo dal Tibet, attraversando Cina Birmania Laos Thailandia Cambogia e sfociando in Vietnam poco sotto Saigon (oggi Hochiminville); è anche uno dei fiumi più inquinati al mondo per l’attività industriale soprattutto cinese ed evoca ricordi della Guerra del Vietnam conclusa nel 1975. Il fiume è ampio e la sua corrente molto forte, sembra placido ma è capace di inondazioni che si verificano nella stagione delle piogge anche se più pericolosi sono gli affluenti che si muovono lungo una ripida pendenza. La regione è capace di scenari intensi e luminosi anche in mancanza di sole e più in alto si va la vista si spazia verso orizzonti verdeggianti; certo la stagione delle piogge non è l’ideale ma vale comunque il viaggio: risaie, bananeti, piantagioni di caffè e di tè, fitte foreste, il tutto punteggiato dall’oro di chedi che creano così quadretti piacevoli. Il turismo si sta sviluppando a tal punto che l’area di Phu Chi Fa (il luogo più celebre per il panorama) ha visto negli ultimi anni la crescita di numerose strutture per turisti, soprattutto caratterizzate da capanne in legno che guardano verso le colline.

Scendendo a valle si arriva a Phayao, la cui caratteristica principale è un lago con una sacra isoletta alla quale si arriva con primitive barche guidate da due rematori, ma è interessante anche la Pagoda principale, la Wat Si Khom Kham, caratterizzata più che dal solito Buddha d’oro da tutto ciò che circonda il Bot. Nel giardino circostante si trovano figure umane costrette a dolorose punizioni, figure animalesche e statue di entità che sembrano degli alieni, oltre a una quantità di serpenti, dinosauri, idoli e demoni dallo sguardo terribile. Qui come in molti altri luoghi si comprende come il buddismo non sia solo quello ascetico e spirituale di moda in Occidente, il buddismo hinayana, del piccolo veicolo, ma che per il popolo (buddismo mahayana o del grande veicolo) sia offerta una versione più dinamica e colorita, come avviene nell’induismo. Il grande veicolo, grande perché si rivolge non solo agli iniziati e perché nel carro sono presenti molte entità, offre al popolo minuto qualcosa di più facilmente comprensibile in cui il Nirvana è solo l’ultimo aspetto di una fede che ha bisogno di tante e svariate figure, di tante avventure, di tanti caratteri, di tanti impulsi, più facilmente identificabili nell’essere umano comune. La lotta tra il Bene e il Male, tra il Bello e il Brutto, tra la Verità e l’errore diventa così più facilmente comprensibile e praticabile.

Le ultime due tappe sono Lampang e Lamphun, non molto distanti da Chiang Mai. I soliti templi, sostanzialmente ai molti già visti, un fiume (il Ping Ping) tranquillo e ondeggiante, una strada che di sera si illumina con pretese artistiche, bambini che suonano gli strumenti nel tempio maggiore di Lampang, le mura di Lamphun e poco altro. Un luogo però merita un’attenzione particolare e una visita attenta e premurosa per le stesse caratteristiche, in forme diverse, che abbiamo visto nel Wat Doi Suthep di Chiang Mai.

Si trova a una ventina di km. a sud di Lampang ed è un centro religioso, più meta di pellegrinaggio che meta turistica: si chiama Wat Phra That Lampang Luang e risale al XV secolo. Ha un parcheggio enorme, in quel giorno quasi vuoto, che fa pensare a folle oceaniche in occasioni molto particolari; il parcheggio vicino al tempio prepara ai baracchini che soddisfano l’esigenza dei visitatori, cibo e beni da offrire. E così ci si avvicina al tempio vero e proprio preceduto da carretti colorati e con festoni guidati da cavalli non molto grandi. Poi la muraglia su cui si erge il tempio e la enorme scalinata accompagnata da draghi che introduce alla struttura religiosa. L’imponenza del chedi, le diverse sale, le numerose statue, le celle aperte, la serie di campane, i pali votivi con le banconote, affreschi in stile Lanna, molti alberi e molti fiori. Fuori dal recinto principale altri edifici, un museo e persino uno spazio in pietra con impresse le impronte del Buddha. Insomma un luogo uguale a molti altri per i singoli elementi, ma profondamente diverso per la struttura d’insieme.

Il ritorno a Chiang Mai è veloce nel mezzo di risaie e di richiami al Centro che cura e protegge gli elefanti, tipici animali di questa regione.

 

  • DA CHIANG MAI AD AYUTTHAIA

 

Il treno in Thailandia è un mezzo veloce, economico, ben attrezzato, confortevole e con una rete estesa e significativa. Da Chiang Mai ad Ayuttaya o a Bangkok è il mezzo preferibile; molti viaggiano nei treni notturni con cuccette di 1° e 2° classe, noi abbiamo preferito il viaggio di giorno per vedere il paesaggio. Si è trattato di 9 ore in carrozze con aria condizionata e in cui nel prezzo del biglietto è compreso anche il pranzo con dolce. In 9 ore di viaggio il treno ha accumulato 10’ di ritardo, cosa accettabile soprattutto perché deriva dalla linea a binario unico: difficile che si superi i 15’ di ritardo.

Ma veniamo al paesaggio. Subito dopo la partenza ci troviamo immersi nelle solite risaie, ma anche in bananeti, per poi entrare dentro fitte foreste a cavallo dell’accesso al Parco Nazionale Khun Tun. Poi il treno esce dalla foresta. Qualche villaggio e dunque risaie banane e poi mais. La regione è poco densamente abitata. Prima di Lampang finiscono le montagne e torna la pianura con il riso. Palme da cocco e da datteri. Poi il paesaggio diventa collinare e mosso, con riso banane e mais. Aumentano i bananeti e coi villaggi anche gli alberi di papaia. E’ la volta della pianura, tutta palme dei due tipi e risaie. Enormi canne di bambù. Coltivazioni di canna da zucchero. Budda in trono sulla collina dopo Pichit. Risaie allagate con uccelli e pescatori in barchette. Nella pianura più densamente popolata aumentano i villaggi e così si vedono sempre più wat, mentre dalle rade colline emergono statue dorate di Buddha o di monaci famosi.

L’arrivo ad Ayutthaya porta una pioggia fitta e forte che dura poco più di un’ora: nel pieno della stagione delle piogge non è difficile che dopo una giornata variabile si scatenino temporali violentissimi sul far della sera.

 

 

  • AYUTTHAYA

 

Ayutthaya fu sede del Regno più famoso della regione, depredata dai birmani e luogo privilegiato di una diplomazia che guardava all’Europa con interesse, soprattutto alla Francia. Anch’essa è patrimonio dell’UNESCO, anch’essa è circondata da canali e fiumi e attraversata da ampie strade che uniscono la vita civile alla presenza del Parco storico comunque ben delimitato. Frutto di una storia antica e di una storia più recente Ayutthaya non presenta solo strutture molto vecchie, ma segue gran parte della storia thailandese attraverso i diversi stili dei numerosi wat e chedi presenti. C’è anche un Buddha sdraiato, unico monumento rimasto di un wat saccheggiato, e la testa di un Buddha incastonata tra le radici di un ampio albero. La visita dell’intero complesso richiede un tempo più lungo rispetto a Sukhotai, anche per la presenza di laghetti ricchi di ninfee bianche o rosa. Ad Ayutthaya però la storia non finisce nel compound centrale perché anche al di fuori ci sono edifici interessanti, tra cui una fortezza e una chiesa portoghese con la scuola cattolica annessa, oltre a numerosi wat dall’aspetto consueto. Un bel giro in barca lungo i canali e il fiume è una buona idea per apprezzare nel suo insieme la città, mentre la visita dei dintorni è possibile solo con il classico tuk tuk, perché le distanze sono rilevanti: il Parco Storico può essere anche percorso a piedi o meglio con la solita bici.

Ayutthaya si trova a un’ora da Bangkok e per questo è percorsa da un numero maggiore di turisti che arrivano in gruppi, vivendo la città come un’estensione della capitale.

 

  • KO SAMUI

 

Il viaggio in Thailandia si è concluso al mare, per recuperare le forze e cogliere un aspetto ancora una volta dis-verso e dis-vertente di un Paese che per molti è sinonimo di mare e templi. Nella scelta del luogo abbiamo dovuto tenere conto del clima ed essendo questa la stagione delle piogge abbiamo dovuto studiare e fare una scelta pur sapendo che non esiste un rapporto automatico per cui anche nella stagione delle piogge possono esserci giornate di sole. Avendo avuto esperienza dell’India meridionale e della Malesia visitate in agosto abbiamo verificato che in quella che è la nostra estate i monsoni si muovono da Occidente ad Oriente, per cui è sempre da preferire la costa orientale di regioni che hanno spiagge sia ad ovest sia ad est. Così fu in Kerala nelle sue bellissime spiagge, impraticabili a luglio e agosto, mentre si poteva godere il mare in Tamil Nadu, nella zona di Madras. In Malesia che è un prolungamento meridionale del sud thailandese abbiamo goduto di sole e snorkeling quattro anni fa alle isole Perhentian, lato orientale del territorio. Tutto questo avviene perché i rilievi bloccano o limitano l’attività monsonica. In Thailandia molte belle spiagge si trovano ad Ovest, come Phuket e Krabi, ma ad est sullo stesso mare malese di quattro anni fa esiste un gruppo di isole famose, tra cui Samui (Koh sta per isola). E così abbiamo deciso. Ed è stata la scelta giusta: le spiagge sono belle, ombreggiate dalle palme, il sole caldo tutto il giorno, il mare calmo. Ma dal punto di vista marino il punto forte è stato caratterizzato dall’escursione al Parco Nazionale dell’arcipelago Mu Ko Ang Thong che si trova a un’ora di motoscafo. Tutto quello che si esige in un viaggio di questo tipo: mare cristallino, spiagge bianche, palme alte, fauna marina ricca e variegata, lagune interne e panorami sull’arcipelago molto suggestivi. E’ stato uno dei punti più importanti del viaggio.

L’isola di Samui è molto turistica ed è cresciuta grazie al turismo: ha i suoi templi con Buddha e divinità giganti, compreso il terribile Guan Uu armato e dall’espressione arcigna, ma è chiaro che la presenza turistica è legata al mare e alla vita notturna che le due spiagge principali, Lamai e Chaweng, sono in grado di offrire. Molti turisti giovani, molte moto per girare, molti locali, molte sale massaggi, molti hotel sul mare, molti ristoranti, molti servizi. Anche la gente thailandese presente viene da fuori ed è qui grazie alle possibilità offerte dal turismo: la popolazione originaria era ben poco numerosa prima della trasformazione dell’isola.

 

POST-SCRIPTUM

 

Ogni viaggio lascia tracce indelebili nell’anima; tracce fatte di ricordi, di sentimenti, di emozioni, di riflessioni. Quelle tracce formano e conformano la nostra esistenza, indipendentemente dal luogo e dalle esperienze vissute.

Ciò che in genere si fa fatica a riconoscere è il fatto che quelle tracce non provengono dal mondo esterno, i luoghi e le persone incontrati, ma sono il frutto della nostra vita, degli strumenti che abbiamo costruito per noi, del metodo che abbiamo sposato, degli obbiettivi o degli orizzonti che abbiamo disegnato. E’ per questo che non esiste la Thailandia, ma esiste solo la nostra Thailandia, posta lì a formare un mosaico le cui tessere siamo stati noi a selezionare, scartando e formando.

Un altro aspetto che difficilmente si riesce ad accettare è il fatto che piacere e dovere siano separati, attribuendo solo a ciò che ci aspetta al ritorno dalla vacanza il riconoscimento di “realtà”, senza comprendere che anche il viaggio è realtà e come tale esige l’attenzione e il rispetto che la realtà richiede. Né sono in gioco le sole emozioni o ciò a cui attribuiamo il valore di bellezza. Per questo il viaggio lascia tracce solo se siamo in grado di metabolizzarlo, estraendo dalle singole esperienze l’essenza che dà vita alla nostra vita. Non altrimenti dalle esperienze quotidiane che facciamo nella vita affettiva, in quella professionale o scolastica.

Il cosa e il come di un viaggio si ritrovano nelle scelte e nelle parole di ognuno: non esiste un manuale e tanto meno un indice.

 

A me piace anche pormi alcune domande più specifiche rispetto al viaggio appena concluso.

Tornerei in Thailandia? Senz’altro sì, perché mi sono sempre sentito a mio agio. Nuove spiagge, nuove regioni, nuove culture, nuovi treni. A questo proposito un occhio alla cartina unito all’esperienza vissuta mi ha fatto pensare a un viaggio che non ha niente dell’utopia: arrivare a Singapore in treno. Nel caso non sia possibile passare dalla Russia l’alternativa è pronta (quasi tutta in treno): Turchia-Kazahstan (Alma Ata)- Cina (Urumchi-Kunming)- Laos (Luang Prabang-Vientiane)-Thailandia (Nong Khai-Bangkok-Hat Yai) -Malesia (Butterworth-Kuala Lumpur-Johore Bahru)-Singapore.

Con la Transiberiana o Transmongolica: un mese.

Senza: tre mesi.

Buon viaggio