NORD EUROPA 2016
ITINERARIO: Stoccolma – Uppsala – Umea – Lulea – Gammelstad – Haparanda/Tornio – Rovaniemi – Sta Klaus Village (Circolo Polare Artico) – Inari – Karasjok (Norvegia) – Capo Nord – Hammerfest – Alta – Tromso – Isole Lofoten – Bodo–Valdall- Fiordo di Geiranger – Lillehammer – Oslo – Isola di Visby (Svezia) – Stoccolma -Turku (Finlandia) – Helsinki – Tallin (Estonia) – Helsinki
PREMESSA
Come si può intuire dall’itinerario questo viaggio è stato molto complesso entrando due volte in Svezia e Finlandia; per questo motivo lo articolerò in due parti:
1)Le capitali; 2) Il viaggio secondo il percorso e non secondo le nazioni.
- LE CAPITALI: STOCCOLMA. OSLO. HELSINKI. TALLIN.
Stoccolma è senz’altro la capitale più ricca delle quattro visitate, nel senso di molteplici aspetti che la caratterizzano.
Intanto la sua posizione è straordinaria, perché si è sviluppata in mezzo a numerose anse marittime che ne condizionano anche il clima.
C’è poi un centro storico che permette di ricostruire parte della storia della città, il Gamla Stan (città vecchia) che ha mantenuto la struttura originaria con la presenza del Palazzo Reale, della Cattedrale e del Palazzo del Parlamento, oltre a edifici che accompagnano le tortuose stradine.
A est, nell’isola di Skeppsholmen, c’è il Museo di arte moderna, prezioso, non grande, e immerso in un parco piacevole in cui passeggiare. Ancora più a est c’è un’area in cui si trovano tre spazi interessanti, il Parco giochi ricco di attrazioni, il Museo Vasa con l’originale nave del 1600 completa nella struttura e nei particolari e infine non poteva mancare il Museo degli Abba, gruppo musicale che è un’icona nazionale.
A parte questi il numero di musei nella città è incredibile e va dalla Fotografia, a Nobel, al Medioevo, alla storia della città, a recenti invenzioni artistiche, per non parlare di tutto quello che si può trovare nelle stazioni della metropolitana. Molti Palazzi e chiese antiche si trovano sparse qua e là e forniscono un quadretto molto suggestivo nell’ambiente marittimo in cui sono collocati.
La città moderna è situata verso nord, subito al di là dei quattro ponti che partono dalla città vecchia; è moderna nel senso dello sviluppo novecentesco e non certo nel senso della contemporaneità che si è affermata, dignitosamente, nei sobborghi. Qui troviamo la Stazione Centrale, l’Opera, alcuni musei, la Chiesa di Santa Clara fondata nel XIII secolo, bei giardini, una piazza pedonale, spazi aperti per la musica estiva, la famosa Karolinska Universitet oltre a negozi alla moda. Come si può comprendere da una panoramica dall’alto l’area ampia di Stoccolma è ricca di isole e penisole verdeggianti dove è possibile passare qualche piacevole ora; addirittura in alcuni spazi è possibile anche fare il bagno (d’estate) senza grandi difficoltà e con facile accesso con i mezzi pubblici, tipo la Langholmsbadet che ha sabbia, docce, toilette e bar.
Stoccolma è una delle tante Venezie d’Europa, ma è forse quella che si può fregiare del titolo con maggiore ragione: ciò che la differenzia dalla città veneta è sia la storia sia lo spazio terrestre che offre molta più disponibilità a Stoccolma. Venezia si presenta molto chiusa, mentre Stoccolma appare senza confini e per questo si possono fare moltissimi itinerari marittimi che permettono di godere della campagna circostante.
Oslo è una capitale completamente diversa. Sebbene non sia molto più piccola della sorella svedese appare al visitatore molto più modesta nelle dimensioni e nella modernità; sebbene la sua storia non sia così differente e permangano monumenti importanti appare più simile ad un esperimento che non un processo urbanistico. Come a Stoccolma anche a Oslo si viaggia bene e si percepisce un’alta qualità della vita, che unisce l’arte, il mare, la montagna. Certo a Oslo piove il 50% in più rispetto a Stoccolma, ma d’altra parte si sa che i paesi nordici non vedono molto sole e quindi non c’è da meravigliarsi.
La città si presenta composita, punteggiata da luoghi di interesse che si sono accumulati secondo linee direttive non omogenee. Abbiamo un Forte, l’Akershus, nella parte meridionale che rappresenta l’epoca che va dal 1200 al 1700, bastione di difesa dagli attacchi nemici, compresi i vicini svedesi. Delle chiese non c’è molto da dire, essendo di un certo interesse la sola Cattedrale che fu inaugurata alla fine del 1600, mentre una ricostruzione molto articolata delle antiche chiese si ritrova trasformata in Museo nelle vicinanze di Oslo, a Bigdoy. La città è comunque ricca di Palazzi che esprimono l’epoca in cui sono stati costruiti e non rappresentano un complesso omogeneo: il Palazzo reale e il suo giardino in stile neoclassico, il vecchio municipio del 1600 e quello moderno, la Radhuset, in stile sociale nordico dell’inizio del 1900, l’Opera del XXI secolo che nonostante l’assemblaggio di forme irregolari si presenta abbastanza unitaria, volendo ricordare la parte affiorante in superficie di un iceberg. Ci sono poi molti palazzi che possiamo scovare in una passeggiata nel centro della città, tra un richiamo allo stile Liberty e un tentativo di trasgressione tipico degli ultimi decenni. Ci sono poi i Musei, anche qui molti ed eterogenei. Il più noto è forse quello di Munch, originale anche nell’architettura, ma non è detto che L’urlo possa essere ammirato; la Galleria Nazionale, il Museo storico, il Museo di Ibsen e quello di Nobel, il Museo dell’architettura norvegese, il Museo di arte contemporanea e naturalmente il Museo delle navi vichinghe, con almeno tre esemplari ben conservati.
Un capitolo a parte merita il Parco di Vigeland, luogo che trovo interessante e suggestivo, esempio significativo a mio parere della cultura norvegese, qualcuno direbbe dell’animo norvegese. Il Parco è enorme e si trova non molto lontano dal centro, direzione Nord-Ovest.
La cancellata è ampia e costituita da cinque ingressi in ferro battuto sormontati da lanterne cubiche e distanziati da muretti.
Dopo un percorso accompagnato da prato e alberi si trova il Ponte, lungo ben 100 metri e decorato da 58 statue di bronzo dalle caratteristiche forme nordiche, apparentemente sgraziate e prive del rigore classico; si tratta di uomini, donne, bambini nudi in vari atteggiamenti: il più noto è Il bambino arrabbiato, ma a me hanno colpito maggiormente Il bambino sulle spalle del padre che corre o Gli amanti e soprattutto, verso la fine del ponte, La donna scarmigliata.
Non è finito qui.
Più avanti c’è l’enorme fontana quadrangolare decorata con statue in bronzo di alberi e figure umane rigorosamente nude. Ancora oltre c’è la terrazza con al centro il Monolite, una colonna ornata nella sua superficie di figure umane attorcigliate e con ai lati altre figure umane intrecciate.
La prospettiva del Parco si conclude con il monumento circolare intitolato Livshjulet, letteralmente la ruota della vita, dove “La ruota è un simbolo di eternità e qui è concepita come una corona rotante di donne, uomini e bambini che si tengono l’un l’altro per sempre. Così questa scultura riassume il tema drammatico del parco: le riflessioni di uno scultore sul viaggio dell’uomo dalla culla alla tomba, attraverso la gioia e il dolore, attraverso il sogno, l’immaginazione, la speranza e i desideri eterni.” [La Ruota della Vita (archive.org)]
La nudità, le contorsioni, gli intrecci, l’insistenza sulle figure umane, il materiale che evoca l’oscurità (contrapposto al classico marmo che evoca la luce) sono gli aspetti che questa visita obbliga a considerare in una visione soggettiva che non sia semplicemente ideologica e estetizzante.
Oslo è tutta qui, ma la regione è molto verde e meno urbanizzata di quella di Stoccolma e apre a lunghe passeggiate e a piacevoli immersioni in un ambiente ricco di acque calme e di prati e foreste.
Helsinki. La città non ha una grande storia come quella di Stoccolma e tutta la Finlandia non ha una grande storia come quella dei due vicini scandinavi, perché per secoli ha subito la dominazione prima della Svezia e poi della Russia, con un popolo che ha tutt’altre origini. I finlandesi non sono né vichinghi né slavi, ma appartengono a un popolo di origini asiatiche che dalla Mongolia per successive migrazioni si fermò una parte in Turchia, risalendo una parte nei Carpazi (precisamente in Ungheria) e terminando l’ultima parte nell’attuale Finlandia: affinità linguistiche col turco e l’ungherese possono essere notate.
Helsinki nel 1925 aveva 200.000 abitanti che ha triplicato nell’ultimo decennio del secolo scorso. E’ dunque una città moderna con poche tracce storiche, ma che, a differenza delle altre due capitali, ha sviluppato un sentimento religioso più forte, tanto che, mentre a Oslo e Stoccolma non ci sono chiese che svettano sul panorama, ad Helsinki ne abbiamo almeno due: una cristiano-luterana e l’altra cristiano-ortodossa, frutto dell’influenza svedese e di quella russa. Entrambe le Cattedrali si ergono al di sopra della città rappresentando volutamente un faro spirituale. Non sono straordinarie, ma sono comunque interessanti, una in stile neoclassico e l’altra nelle forme tipiche bizantine. A Helsinki non mancano le chiese e un’altra in particolare merita attenzione: la Chiesa nella Roccia, inaugurata nel 1969, è semisferica e al suo interno ha lasciato intatte le rocce dello scavo, la sala è grande e grande è anche l’organo: insieme alla preghiera vengono fatti frequentemente dei concerti. Non è lontana dalla Stazione Centrale in un quartiere un po’ anonimo.
Tutti dicono che a Helsinki c’è poco da vedere e in effetti oltre alle chiese cosa c’è? Una fortezza costruita dagli svedesi in un’isola a protezione della città; un bel parco l’Esplanade che termina nel porto con un caffè/ristorante/microdistilleria, il Kappeli, conosciuto soprattutto per il pub-cantina e la terrazza dove in estate si esibiscono regolarmente vari gruppi musicali; un bel mercato con prodotti portati dalle campagne circostanti proprio sul porto; alcuni palazzi 1800-1900 nei dintorni della Cattedrale; la Cappella Kamppi, luogo di preghiera ma soprattutto opera d’arte a tronco di cono rovesciato con le pareti esterne ricoperte di cera che utilizza nanotecnologie, gli interni di legno e cenere e la croce d’argento, tutto opera di artisti riconosciuti a livello internazionale.
Ho lasciato per ultime alcune realtà che non sono solo a me care, ma che esprimono, meglio di altre improvvisazioni, aspetti più radicati nella cultura finlandese: la Stazione Centrale, gli impianti per le Olimpiadi del 1952 e qualcos’altro.
Gli impianti olimpici risalgono agli anni ’30 del 1900 e sono considerati un’opera di grande valore architettonico; sono stati ristrutturati di recente mantenendo le caratteristiche originali: la modernizzazione ha però tolto quell’aura d’antan che le strutture precedenti avevano.
La Stazione Centrale è opera del notissimo architetto Elieel Saarinen in forme razionalistiche, ma che non ha rinunciato del tutto a inserire aspetti cari al romanticismo nordico e all’Art Nouveau. La struttura è ampia ma non eccessiva, mantiene una evidente regolarità con linee rette dominanti e qualche richiamo esagonale; la facciata è semicircolare ma iscritta in un poligono a molti lati e anche la Torre dell’orologio rispetta questi canoni. L’elemento che esce da questa struttura è dato dalle statue che si impongono nella facciata e la dominano: si tratta di quattro massicce statue di granito denominate gli “Uomini di Pietra” o “Portatori di Lanterne” che tengono lanterne sferiche che vengono accese di notte. Opera dello scultore finlandese Emil Wikström che si è ispirato alla mitologia e al patrimonio locale, in particolare al Poema Epico Nazionale, Kalevala. Queste figure con una mascella cesellata hanno un taglio di capelli ispirato ai membri del Movimento Risvegliato della Chiesa Luterana.
Forse più noto di Saarinen e Wikstrom è Aalto la cui produzione completamente razionalistica, essendo meno appariscente, risulta di maggior interesse per gli specialisti. Altra figura nazionale di rilievo internazionale è Sibelius, compositore e violinista, a cui è dedicato un Parco con una statua molto strana che vorrebbe interpretare plasticamente i movimenti musicali del compositore.
Vorrei concludere parlando di un costume e di un’attitudine moderni che hanno invaso anche questi paesi nordici, in genere molto misurati e rigorosi: la diffusione in città di statue moderne, alcune nel più puro stile dell’astrattismo, altre realiste ma scherzose e infine alcune de-formi e irriverenti. Al Porto nuovo di Helsinki ce n’è una che non può lasciare indifferenti: intanto è colorata, di un rosa sporco, si tratta di una sorta di essere umano alto più di 10 metri con un’enorme testa, pelata e grinzosa, completamente nudo, con lo sguardo pieno di stupore, che tiene in mano il suo pene mentre fa la pipì su una piccola aiuola.
Esilarante ed esaltante.
Dei dintorni e della regione meridionale parlerò nella parte relativa allo sviluppo dell’itinerario.
TALLIN. La capitale dell’Estonia non era prevista quando abbiamo preparato il viaggio. Abbiamo deciso di fare un salto, anche se breve, quando ad Helsinki abbiamo visto che c’era un traghetto che avrebbe permesso di dare un’occhiata e la nostra smisurata curiosità non ha potuto tirarsi indietro. Tallin è la capitale dell’Estonia, paese ugro-finnico come la Finlandia e ha subito l’annessione da parte dell’URSS dopo la II° Guerra Mondiale con quel processo tipico a molti altri paesi sottomessi dall’Unione Sovietica di russificazione e de-estonizzazione, così che anche oggi, che il Paese ha riacquistato la sovranità, la presenza etnica russa è notevole. La città si presenta bene, con infrastrutture moderne e funzionali per quanto riguarda sia le istituzioni sia l’attività privata. Ciò però che a noi interessa è l’aspetto turistico che denota un fascino non indifferente, perché, anche se in parte ricostruiti, molti sono i monumenti che raccontano la storia della città e del Paese. Sembra di essere in una grande città medievale protesa verso i secoli successivi e, come dice Daniela, sia da lontano sia da vicino ha un’aria da città delle fate, con tutti quei camini, torri e campanili. Ci sono le mura e la grande torre fortificata, c’è il Municipio gotico di stile mittel-europeo, c’è un antico Monastero domenicano, ci sono le chiese, compresa una chiesa ortodossa e una con un campanile più alto di 100 metri, ci sono tanti palazzi signorili delle varie epoche, mentre le strade interne a ciottoli ricordano le origini della città. C’è questo e tanto altro, ad esempio ci sono parchi in cui è piacevole riposarsi e tanti bar e caffè nelle caratteristiche vie e piazze del centro.
Come sempre non intendo fare una mini guida turistica. Mi interessa trasmettere il piacere che abbiamo provato già mentre la nave si avvicinava, perché la silhouette della città era molto accattivante e forte il senso culturale e personale vissuto quella giornata. La diversità che, come ho detto altrove, è la base del di-vertimento qui si è caratterizzata per la meraviglia, lo stupore cioè di trovarsi molto lontano e allo stesso tempo essere a casa, come se non ci fossimo spostati dall’Italia.
Questa è l’Europa.
L’ITINERARIO ITINERANTE
- Svezia
Da Stoccolma verso il Nord ci sono due direttrici, una interna lungo le montagne e una esterna lungo la costa. La prima è più lunga e porta in Norvegia, il treno è il mezzo migliore. Noi abbiamo scelto la seconda sia per motivi di tempo sia perché volevamo arrivare in Norvegia passando per la Finlandia.
La prima fermata è stata a Sigtuna, un villaggio tra i più antichi della Svezia con chiese e case medievali e con pietre runiche di grande interesse; inoltre la visita è piacevole perché il paese si trova a fianco di un braccio del Lago Malaren contornato da molto verde. Da lì ad Uppsala sono solo 30 km. e il viaggio merita la sosta per tre motivi, l’imponente Cattedrale, il Castello e i canali, mentre va ricordato che la città, oggi di dimensioni medie, è più antica di Stoccolma e con un passato medievale molto più ricco: i monumenti ne sono la testimonianza. Città piacevole, tranquilla con una non grande parte moderna ma con strutture funzionanti, in particolare la piscina frequentatissima.
Non molto dopo si comincia a costeggiare il mare con aperture, rientranze e deviazioni, fino ad arrivare alla città di Hudiksvall, il cui porto chiamato Moljen, è caratteristico per la presenza di molte case tipiche dei pescatori e magazzini di legno dal solito colore rosso. Veramente pittoresco.
Proseguendo verso nord si raggiunge la città di Sundsvall, grande e moderna, ma con qualche palazzo settecentesco e una grande piazza, l’Esplanade, arredata di curiose statue zoomorfe.
Quasi improvvisamente la costa cambia aspetto passando da un litorale basso a vere e proprie scogliere, tanto da far chiamare questa regione Hoga Kusten, cioè Costa Alta. Un centinaio di chilometri e la costa torna a essere pianeggiante e tale rimarrà fino al confine, sempre accompagnata da verdi e dolci colline, da promontori di foreste che in certi punti si arricchiscono di campeggi e che, nonostante l’acqua non sia proprio calda, diventano luoghi di vacanze molto ricercati, anche per la pesca e il canottaggio. Prima di passare in Finlandia ci sono due centri di particolare interesse, anche se nei dintorni, più che nelle città vere e proprie.
Umea è una città universitaria, ma vale la pena una sosta per la presenza di un Parco di sculture, Umedalens Skulpturpark, che espone alcune decine di lavori in vari materiali di autori non solo svedesi e, come ho detto a proposito di Helsinki, si tratta certamente di lavori molto astratti e avveniristici, su ognuno dei quali si può stare a discutere per giornate intere. Non mi sono dispiaciuti due occhi di granito che sembrano scrutarci (titolo, “Occhi a panchina” o “panchine ad occhio”).
Più a nord c’è Lulea, città moderna, molto razionale e geometrica, ma che nelle vicinanze (10 km.) offre alla visita il villaggio di Gammelstad, che è un villaggio parrocchiale risalente al 1400, nato intorno a un’importante chiesa per accogliere i pellegrini soprattutto nelle serate invernali, fredde e oscure. Le centinaia di case sono basse, di legno color rosso, e alcune sono state allestite in modo da ricreare gli ambienti del tempo con i mobili e gli attrezzi di allora. Anche la chiesa medievale è interessante, mentre poco fuori dal villaggio scorre il fiume Lule con anse piacevoli e popolate da uccelli acquatici. Bello e struggente.
Concludiamo la prima visita svedese con la città di frontiera, Haparanda, di cui non potevamo non visitare la imponente stazione ferroviaria costruita nel 1918 quando la fine della I° Guerra Mondiale aveva aperto la strada a molte speranze, nonostante la città sia più vicina a Capo Nord che a Stoccolma.
- Finlandia
La frontiera è solo teorica ed esclusivamente fisica, un ramo del fiume Torne; al di là del ponte è la città di Tornio. Siamo in Finlandia.
Da Tornio la strada sale verso Rovaniemi costeggiando il fiume Kemijoki in un terreno pianeggiante ricco più di fattorie che di villaggi, con grandi prati e foreste di giovani betulle. Con Rovaniemi siamo ormai in Lapponia di cui è la capitale, la regione popolata dai Sami, il popolo che sembra essersi insediato qui più anticamente: non sono molti ma sono distribuiti tra i tre paesi nordici e la Russia. Da Rovaniemi verso Nord la loro presenza è più marcata e, come avviene in tutto il mondo nei confronti dei popoli più antichi, anche qua si cerca di mantenerne viva la storia e la cultura se non in termini di prospettive almeno nel ricordo. Inari è il centro principale Sami per le iniziative che vi vengono prese e per la presenza di strutture che mantengono vivo il ricordo della cultura Sami: oltre a un Museo c’è anche un villaggio ricostruito nelle forme di un tempo con le capanne per abitazione e stalle, con gli strumenti usati soprattutto per la caccia, con i tipici abbigliamenti colorati che oggi vengono indossati in pubblico raramente, ma di cui sono pieni gli Atlanti e i libri di geografia di 50 anni fa.
Tornando a Rovaniemi, a parte un paio di monumenti, ciò che interessa maggiormente è il Villaggio di Babbo Natale, distante pochi chilometri, praticamente sul Circolo Polare Artico. A differenza di altri centri simili questo è il più completo e quello che permette un’immersione profonda nella magia e nella fantasia del Natale. Certo andarci d’inverno sarebbe il massimo, ma anche in altre stagioni e senza la neve si perde poco. Non ci sono solo negozi, ma tutto è stato creato per vivere una o più esperienze che ci immergono nella storia del Natale. C’è la fattoria degli Elfi, gli husky, la renna di Babbo Natale, numerose escursioni nella regione con le slitte, compresa la facilità di vedere l’aurora boreale, ci sono edifici tipici (con ristoranti e alloggio), c’è anche l’Ufficio Postale e c’è anche lui in persona, il vero e unico Babbo Natale con cui ci si può far fotografare: noi l’abbiamo fatto ed è una delle più belle foto dei nostri viaggi.
- Norvegia
Risaliamo a Inari e da qui alla frontiera con la Norvegia sono solo 100 km. Il paesaggio qui è molto più brullo tenuto conto della latitudine, per cui l’insediamento è dato dalla presenza di villaggi e non da fattorie. Non molto dopo il confine la strada è accompagnata da fiordi che provengono dal Mare di Barents all’estremo Nord del continente europeo e da colline rocciose con pochissima vegetazione. Gli ultimi 200 km prima di arrivare a Capo Nord sono molto piacevoli e interessanti perché costeggiano il mare seguendone le anse e dunque offrendo una vista continuamente mutevole in relazione alle diverse formazioni rocciose come il vento e il mare le ha strutturate.
Capo Nord è un luogo geografico interessante per poter dire di esserci stati, ma anche perché qui la roccia è molto alta e le onde si infrangono rumorose; c’è poi un monumento orizzontale che a me è piaciuto molto ed è la rappresentazione Bambini del mondo, sette medaglioni in pietra con disegni di bambini di sette nazioni diverse; c’è anche una scultura che raffigura una madre e suo figlio che indica con la mano sinistra il monumento “Bambini del mondo”, dinnanzi a lui. Completa il quadro ambientale una specie di mappamondo in ferro.
L’arrivo a Capo Nord però non è tutto qui. Con l’auto si può scendere a Est al villaggio di pescatori di Skarsvag (140 abitanti) e a Ovest un villaggio sul mare più grande, Gjesvaer, porto peschereccio, ma anche centro residenziale con una comunità poco numerosa (130 abitanti) ma strutturata. La città più vicina che offre servizi importanti è Honningsvåg, a 30 km. a sud rispetto a Capo Nord: qui ci sono 2.500 abitanti.
Inizia il viaggio di discesa verso Sud e per 130 km rifacciamo la stessa strada, poi deviamo verso Ovest. Un’ulteriore deviazione ci porta ad Hammerfest, una città storica e porto importante sia per la pesca sia per il commercio sia per la navigazione turistica. Sede della Reale e antica società dell’orso polare non solo ha come stemma questo animale ma si gloria di un’enorme statua di orso polare bianchissimo nel centro città. Un cippo segna l’inizio dell’Arco geodetico di Struve con cui lo scienziato, attraverso una serie di triangolazioni, cercò di ricostruire in maniera più precisa la forma e le dimensioni della Terra: oggi abbiamo più strumenti ma allora (inizio del 1800) fu una importante novità. Certo è solo una curiosità e il cippo stesso non sembra entusiasmare, ma è proprio questo uno degli aspetti che rendono il viaggio qualcosa che va oltre l’estetica e contribuisce alla formazione della persona, che nella lontananza storica e geografica, si sente comunque vicina a ogni altro essere umano.
Essendo una delle tre città che si contendono il titolo di essere più a Nord non ci si deve aspettare un clima piacevole anche d’estate, ma talvolta succede.
Ripreso il cammino si scende ancora, tra fiordi, montagne innevate, rocce e poca vegetazione; arriviamo ad Alta, una città che ha ben poco da offrire, ma che porta in 4 km a sud ai più antichi resti preistorici norvegesi, con una serie di incisioni rupestri veramente interessanti e ben conservate, nonostante siano all’aperto.
Si scende ancora e il paesaggio è molto vario anche se rimangono le stesse strutture e poiché molti centri abitati si trovano in isole o penisole è opportuno servirsi dei traghetti, numerosi e funzionali, che contribuiscono a diminuire le distanze. E’ così che arriviamo a Tromso. Città abbastanza popolosa e costruita su un’isola collegata alla terraferma da un lungo ponte presenta due elementi interessanti, oltre alle numerose possibilità di grandi camminate. Il primo è l’Acquario artico ricchissimo di animali e con interessanti informazioni, il secondo è la chiesa moderna, la Cattedrale dell’Artico, che domina la città dall’alto appena prima di attraversare il ponte. La Cattedrale è interessante per l’enorme vetrata e i lampadari di cristallo che la rendono molto luminosa e inoltre la sua forma ricorda la capanna tipica della popolazione Lappone.
Ancora più a Sud arriviamo alle Lofoten, un gruppo di isole a Ovest della terraferma, ricche di fascino per aspetti sia naturalistici sia umani. Siamo entrati nelle Lofoten da Harstad col traghetto proveniente da Sørrollnes, circa 250 km da Tromso, utilizzando altri traghetti in un paesaggio mozzafiato perché qui le montagne innevate sono alte e a strapiombo.
Eccoci dunque alle Lofoten. Per capire il fascino di queste isole occorre vederle in una cartina dove si presentano una dietro l’altra come un arcipelago rettilineo che va restringendosi da nord a sud; diversamente le altre isole si confondono con il continente formando lunghe anse e profondi fiordi, ma perdendo quella che è la caratteristica di un’isola, il suo per l’appunto “isolamento”. Altri aspetti sono da prendere in considerazione, primo tra tutti la presenza di montagne che sprofondano direttamente nel mare rendendo spesso il percorso accidentato. Alle Lofoten sono riconosciuti antichissimi insediamenti Vichinghi ed è proprio qui che un Museo, in cima a una collina, è nato per fornire informazioni su questo straordinario popolo e molte iniziative e rievocazioni storiche si susseguono per stabilire un ponte con quel passato. Infine, date le caratteristiche insulari, la popolazione ha sviluppato una cultura autonoma e ha forti tradizioni marinare, naturalmente rivolte in prevalenza alla pesca, così molti centri abitati sono dei porti che hanno approfittato delle baie per trovare il riparo necessario, costruendo un particolare tipo di abitazioni, che evocano le palafitte e sono in genere di colore rosso creando effetti pittoreschi. Uno dei più noti è il centro di Reine verso la fine dell’arcipelago, ma non è il solo. Data la complessità dell’insieme di isole non avrebbe senso indicare un itinerario da seguire, perché il bello di un viaggio è anche nel lasciarsi guidare da intuizioni e sensazioni, facendo in modo che si possano scoprire aspetti a cui non avevamo pensato. E’ proprio alle Lofoten che ce ne sono capitati due.
Il primo veramente inatteso, quando in una passeggiata lungo la costa, seguendo un sentiero senza indicazioni abbiamo trovato due statue, una testa in posizione corretta e qualche decina di metri dopo la stessa testa in posizione rovesciata: per il senso e per ringraziare il Caso ne ho fatta l’immagine che apre il mio sito web.
Il secondo riguarda la mia passione per il nuoto e vista la latitudine non avrei pensato di immergermi nelle acque, non certo calde né tiepide, dell’Oceano, e invece è successo un paio di volte seguendo la luce del sole che mi invitava a nuotare.
Molti traghetti collegano le isole al continente per evitare le centinaia di chilometri necessari a tornare sulla terraferma sia che si vada a nord sia che dobbiamo muoverci verso sud: i porti più importanti sono quelli di Moskenes a sud e di Svolvaer al centro.
Il percorso ideale sarebbe stato Moskenes-Bodo ma era tutto prenotato, per cui abbiamo ripiegato su Svolvaer-Skutvik e da qui abbiamo ripreso il cammino fermandoci a Bodo, porto importante e città modesta di cui ricordo una bella stazione moderna, alcuni pescherecci e bici colorate sparse per la città. Continuando a scendere si passa il Circolo Polare Artico ricordato da una indescrivibile struttura che dichiara 66°33’ N in un paesaggio brullo e solitario. Si oltrepassa una regione ricca di monti e ghiacciai e finalmente ricompaiono le foreste di abeti, ma la tappa successiva è Trondheim che dista ben 700 km da Bodo, la tappa più lunga del nostro viaggio.
Trondheim è una città grande e moderna nonostante le sue origini risalgano al Medioevo e abbiano lasciato importanti tracce; la città sembra affacciata sul mare e invece si trova alla confluenza di un fiume con un sinuoso fiordo, che la protegge dalla forza dell’Oceano. Trattandosi inoltre di un’importante città universitaria è piacevole anche solo passeggiare e andare per pub. Tra i monumenti c’è da ricordare la Cattedrale, il Palazzo Reale, alcuni edifici, ponti, statue (uno dedicata al Vichingo e l’altra al celebre re Olav), la Fortezza di Kristiansen. La parte preferita dai turisti è però un’altra e riguarda i vecchi magazzini per la pesca che sono stati costruiti sulle rive del fiume e che sono stati ristrutturati: la loro particolarità consiste nelle dimensioni, nell’essere posti su palafitte e nei meravigliosi colori con cui sono stati ridipinti. Tenuto conto che si snodano per centinaia di metri l’effetto pittorico e fotografico che ne deriva è indubbio, anche perché i colori variano dal bianco, ai rossi, ai verdi, all’arancione, al celeste.
Nella direzione che ci avrebbe portato ad Oslo avevamo due tappe cui tenevamo molto, prima di tutto il fiordo di Geiranger e poi la città di Alesund. Un tempo pessimo, con forti venti e nevicate che ha portato alla chiusura di alcune strade ci ha obbligato a scegliere di saltare Alesund, che in qualche modo ricorda Trondheim, dirigendoci verso il fiordo, anche se non è stato facile arrivare.
Per arrivare a Geiranger c’è un percorso tra i più belli della Norvegia. Si comincia lungo la costa a 130 km da Alesund dove si trova una serie di ponti zigzaganti che per sette chilometri collegano due blocchi continentali passando di scoglio in scoglio; tra questi il più famoso è il Ponte Storseisundet, chiamato anche “Ponte ubriaco” perché è completamente storto sui due assi: questo tratto della Strada Atlantica è sicuramente il pezzo forte perché è a ridosso dell’Oceano e, in presenza di forti venti e mareggiate, sembra di esser in alto mare tempestoso. La strada poi si sviluppa verso l’interno costeggiando diversi fiordi fino ad arrivare ad Andalsnes da cui parte una bellissima strada che sale sulla montagna nel comune di Rauma: nel primo tratto a forte pendenza ci sono numerose cascate caratteristiche, poi dopo il passo la strada scende dolcemente in un quadro estremamente brullo. Quando ci siamo passati ha nevicato nonostante fosse agosto. L’ arrivo è stato il villaggio di Valldal punto di partenza per nuove escursioni lungo nuovi fiordi ed è da qui che ci siamo mossi per scivolare nelle diverse insenature che portano a Geiranger. In questa regione è ottimo accompagnare l’uso dell’auto con il servizio di traghetti per poter avere una duplice visione di questi ambienti così particolari, maestosi per l’altezza e stretti per la larghezza. Il punto d’arrivo delle navi è una strettissima baia e la vista è impressionante per il contrasto tra lo spazio terrestre e la grandezza smisurata delle navi. La vista più spettacolare si trova 4 km. lungo la strada per Oslo dove, da un punto panoramico in particolare, il Flydalsjuvet (lett. “il volo dalla gola della valle”) si ha una prospettiva grandiosa e allo stesso tempo profonda che racchiude le montagne, l’acqua e il cielo, mentre l’andirivieni dei traghetti dà un senso di vitalità alla scena.
Da qui a Oslo sono più di 400 km e in pochi chilometri si raggiungono i 1000 m.s.m. mentre poi si percorre l’altopiano circondato da tutti i lati da montagne non più dirompenti. L’altopiano è tra i 300 e 400 m.s.m. e ha permesso la nascita di molti villaggi che qui, più che altrove, presentano le caratteristiche chiese norvegesi: a croce latina con uno stretto e lungo campanile all’incrocio e doppi spioventi su tutti i lati; in genere sono costruite in legno e circondate dai cimiteri con lapidi anche molto antiche. Il paesaggio è piacevole e lo diventa ancora di più nei pressi di Lillehammer, centro delle Olimpiadi invernali del 1994, dove si possono apprezzare gli impianti sportivi e dove si può godere della presenza del fiume e soprattutto del lago; anche le case in legno che formano il nucleo attirano l’interesse dei turisti.
Di Oslo ho già parlato.
Dovevamo tornare in Svezia, approfittando però di ciò che offriva il percorso. In particolare poco prima della frontiera si trova Fredrikstad con il suo nucleo storico alla foce del fiume Glomma e la Fortezza sopra la città di Halden, che domina la regione.
- Svezia
L’ultima tappa svedese è stata l’isola di Gotland e così siamo passati dal Mare del Nord al Mar Baltico. Il nome dell’isola ricorda quello delle popolazioni germaniche dei Goti che, sembra, abbiano avuto proprio qui uno dei gruppi germinatori e propulsori, raggruppandosi nel continente prima di procedere alle migrazioni e invasioni dell’Europa occidentale. L’isola non è piccola, essendo lunga più di 100 km e larga 50, e presenta molti villaggi e molte fattorie; la città principale è Visby. Il capoluogo dell’isola è uno dei centri storici più antichi di tutta la Svezia, dato che faceva parte della Lega Anseatica, e ha mantenuto molte delle sue strutture originarie, in particolare la cinta muraria con le torri e le porte di accesso e alcune chiese di particolare pregio. Le spiagge non hanno destato in noi alcun interesse, mentre nei pressi del porto c’è un’attrazione che per molte generazioni presenta un indiscutibile fascino. Visby è la città di Pippi Calzelunghe e alla bambina pel di carota con le lunghe trecce è dedicato un parco che ripercorre tutti gli aspetti che hanno reso famoso e fatto amare questo personaggio. E’ qui ad esempio che si trova Villa Villacolle, la casa di Pippi e dove è stata girata la serie, ma ogni passo ci riporta indietro nel tempo e permette di rivivere uno dei momenti più divertenti dell’infanzia. Vere e proprie navi permettono l’accesso all’isola sia da Oskarshamn, nella Svezia meridionale, sia da un porto vicino a Stoccolma, ed è qui che siamo rientrati nella terraferma.
- Finlandia
Da Stoccolma il traghetto ha impiegato tutta la notte per arrivare in Finlandia, permettendoci di vedere i verdi sobborghi della capitale svedese dove risaltano ancora oggi residenze che in passato furono nobiliari. Uno stop alle isole Aland e arrivo nel porto di Turku. La città è l’antica capitale della Finlandia, centro moderno ma con ricordi storici come il Castello e la Cattedrale. Interessante è anche il mercato locale nella piazza principale e il canale che ospita alcune navi storiche. Una curiosità: vicino al Porto c’è una ciminiera che riporta i numeri della serie di Fibonacci: chissà perché?
Anche la regione di Turku è interessante e in particolare il villaggio di Rauma che conserva nella sua parte storica la struttura originaria e molti degli edifici abitativi comuni, restaurati perfettamente, oltre come sempre alcune chiese: senza traffico è piacevole passeggiare sulle strade a ciottoli soffermandosi di tanto in tanto, magari a gustare una fetta di torta con un caffè in uno dei luoghi arredati à l’ancienne.
Da Turku ad Helsinki il treno impiega quasi due ore, passando per un paesaggio agreste molto comune in ogni regione finlandese. Di Helsinki ho già parlato, ma c’è un’escursione dalla capitale che è di particolare interesse.
Si tratta di Porvoo, una città fondata nel lontano Medioevo sulle rive di un fiume dal nome improbabile (Porvoonjoki) e che si è sviluppata nel corso dei secoli, mantenendo nelle chiese, nei palazzi e nelle strade ricordi di tutte le sue epoche: dai resti medievali ai palazzi Sette-Ottocenteschi, mentre la parte più pittoresca sono i magazzini dei pescatori in legno e di colore rosso che si trovano lungo il fiume. L’accesso alla città è facile e frequente ed è una delle non numerose escursioni possibili dalla capitale finlandese.
Il viaggio finisce qui.
CONCLUSIONI
Tagore scrisse in una celebre poesia che “Sono le vie più remote che portano più vicino a te stesso” e Baudelaire che “I veri viaggiatori sono solo quelli che partono per partire”.
Le due frasi hanno sempre rappresentato per me un importante punto di riferimento, ma come sempre esse non sono un comandamento, bensì richiedono un continuo processo di scavo e di approfondimento, una necessaria chiarificazione e un doveroso sviluppo, nel senso etimologico di portare fuori dal viluppo, cioè da qualcosa di intricato (dis-viluppo).
La frase di Tagore invita a non soffermarsi su ciò che è vicino, perchè comune e confortevole, e che dunque è necessario allontanarsi dal presente per poter individuare le possibilità che ci attraversano. Per molti quella frase si riduce all’accettazione della diversità, ma credo che, partendo da essa, si debba scoprire non la diversità da noi, ma la diversità che è in noi e che compone la nostra persona, come ricordava Rimbaud quando scriveva che “L’Io è un altro”. In questo senso il vicino e il remoto sono mondi che abitano la nostra anima anche se, per comodità, spesso rinunciamo a vedere questa distanza. L’esotismo, il viaggio in terre lontane nasce da questa dubbia convinzione: cercare l’altro fuori di me. Il viaggio, e qui interviene Baudelaire, ha valore in se’ stesso, nell’esigenza e nel desiderio di viaggiare, non nel luogo che scegliamo come meta del nostro spostamento.
Mio padre, uomo di grande cultura classica, urbanista cresciuto alla scuola di Le Corbusier amava soprattutto la tradizione dalla Grecia all’Europa del 1900; non disdegnava altre culture, ma non erano il suo punto di riferimento. La maggior parte dei giovani oggi è amante del nuovo e del diverso, del remoto e dell’inusuale, tralasciando quelle che sono le radici da cui siamo nati.
Non esiste scontro tra nuovo e vecchio, tra tradizione e trasgressione, tra vicino e remoto, perché tutto questo è dentro ognuno di noi: dipende da noi la scelta, e dunque la responsabilità, di volere entrare dentro queste diverse anime che compongono la nostra anima. Se operiamo questa scelta il viaggio assume una dimensione nuova, che non rinuncia alle guide turistiche, ma che sente vicino ciò che è lontano e remoto ciò che è prossimo. Di tutto questo possiamo farne un metodo per procedere alla costruzione della nostra persona.