GIAPPONE 2015

ITINERARIO: Tokyo(Honshu)-Monte Fuji-Kamakura-Sapporo (Hokkaido)-Parco di Daisetsuzan-Shiretoko-Parco di Akan-Furano-Otaru-Lago Shikotsu/Toya-Sapporo-Naha (Okinawa)-Isola di Zamami- Osaka(Honshu)-Kyoto-Nara-Kanazawa-Gokayama-Shirakawa-Hida-Gifu-Nagoya

Premessa

Ci sono luoghi che, per essere meta di viaggio, non hanno bisogno di motivazioni o di un particolare pedigree; per essi conta di più la suggestione conformata negli anni, per effetti svariati e non sempre rintracciabili, forse fin dall’infanzia. Il Giappone è stato uno di questi per Daniela, e Beatrice ha aggiunto non poco facendoci partecipi della sua scoperta del Sol Levante fatta attraverso Totoro e il suo creatore Miyazaki, coinvolgendoci nelle storie e nei colori del celebre autore e fondatore dello Studio Ghibli. Per me la cosa è diversa perché in qualsiasi luogo riesco a trovare un senso per andare a visitarlo. Comunque il Giappone è diventato l’oggetto delle nostre vacanze e, dati i limiti di tempo, abbiamo dovuto fare delle scelte: Tokyo, l’isola più a Nord (Hokkaido), l’isola più a sud (Okinawa) e l’isola centrale (Honshu). Purtroppo ogni decisione richiede un taglio (de-cidere è sempre re-cidere) e lo abbiamo fatto senza ombra alcuna.

TOKYO

La capitale del Giappone è una metropoli e allo stesso tempo una megalopoli che va dal centro con 13 milioni di abitanti a un complesso di 40 milioni. Tutti conosciamo la storia del Giappone e la sconfitta nella II° Guerra Mondiale e, probabilmente, tutti sappiamo che fu una potenza imperialista di cui in Asia molti popoli subirono la durezza. Per fortuna avvenne come in Germania e a partire dagli anni ’50 accantonò ogni spirito di rivincita e si dette da fare per primeggiare in campo pacifico. Non fu facile e intere generazioni vissero all’insegna del lavoro e solo da pochi decenni possiamo incontrare giapponesi in giro per il mondo. Dalla fine della guerra la popolazione della capitale è aumentata del 300% trasformando la città storica in quello che è oggi. Molti incendi, come a Londra, hanno colpito nei secoli la città modificandone il paesaggio, ma la struttura non è cambiata di molto: certo si sono innalzati parecchi grattacieli, ma non si sono imposti nella skyline della metropoli, come avvenuto in molte città sudamericane e africane. Potrei dire che la struttura abitativa dominante è la casa bassa unifamiliare in ogni parte della città. Essendo rimasto fuori dai circuiti di viaggio internazionali il Giappone, già lontano da noi, si è tinto ancora di più di un’aura di mistero: fino agli anni ’70 del secolo scorso non esistevano in Italia ristoranti giapponesi e per alcuni decenni quei pochi che si sono insediati erano carissimi; solo nel nuovo secolo sono usciti fuori come funghi e a prezzi ragionevoli. Se gli USA sono considerati un melting-pot internazionale Tokyo riunisce in sé la molteplicità e la complessità delle forme storiche e nazionali.

Come ogni metropoli anche Tokyo non può essere visitata nella sua interezza e qui, più che altrove, occorre fare delle scelte, decidere che è recidere. Da qui in avanti mi muoverò dentro la città, intesa in senso ampio, come se avessi di fronte una miscellanea di opere composite e complesse, talvolta semplicemente accatastate talvolta ben ordinate.

Comincio con i trasporti che rappresentano uno degli aspetti che preferisco. Due aeroporti internazionali di grande livello collegano Tokyo al resto del Paese e del Mondo. Una enorme quantità di bullet trains (gli Shinkansen), che permettono di ridurre i tempi di viaggio nelle lunghe distanze, e una stazione centrale di grande interesse; questa nelle forme esterne ricorda palazzi nobiliari inglesi, squadrati e fatti di mattoni rossi, l’interno è invece moderno e funzionale. Una bellissima vista sul complesso dell’edificio e dei binari con i treni che partono e arrivano si può avere da un paio di terrazze di alti (ma non altissimi) edifici che si trovano davanti all’entrata Sud: la visuale centrata sulla ferrovia non si limita ad essa. Fu costruita appositamente davanti a Chiyoda, la collina occidentale dove sorse il castello imperiale e dove ancora oggi, circondata da un fossato, si trova il Palazzo Imperiale con i suoi giardini.

Nella parte orientale si trova il quartiere elegante e culturale (molti teatri tipici del Giappone) di Ginza che scorre per più di 3 km. In particolare il famoso genere del Kabuki trova qui il posto ideale di rappresentazione, con lo spiegamento di tutte le sue caratteristiche drammatiche e sceniche (parrucche, makeup, abiti vistosi ecc.).

Parlando di stazioni occorre ricordare quella di Shinjuku che oggi ha il primato mondiale per numero di passeggeri, ma che architettonicamente si presenta come molti degli edifici moderni circostanti. Il sistema dei trasporti giapponesi e soprattutto di Tokyo è presente a tutti per la puntualità incredibile con cui le migliaia di treni si muovono e, tenuto conto che molto spesso e in molte linee i convogli passano a distanza di un solo minuto, beh!, occorre fare loro i complimenti. Per di più i viaggiatori per ogni treno sono una quantità enorme e, come si vede in qualche film o documentario, esistono veramente i controllori che con un’enorme scopa spingono i passeggeri dentro il vagone per facilitare la chiusura delle porte. Qualcuno può storcere il naso, ma il sistema funziona e se pensiamo cosa succede in altre metropolitane (Roma o Parigi) allora dovremmo invidiare quel sistema.

Un’altra stazione importante è quella di Shibuya, ma lo è per aspetti che nulla hanno a che fare col treno. L’incrocio di Shibuya è un incrocio di strade che vede, quando è il loro turno, l’attraversamento contemporaneo e in tutte le direzioni di migliaia di persone, un record mondiale. La piccola statua del cane Hachiko ricorda la fedeltà al suo padrone di un cane che ha continuato ad aspettarne il ritorno dal lavoro per oltre 10 anni dopo la sua morte: una leggenda che ha commosso gli abitanti del quartiere.

Meno di un chilometro a nord si trova il quartiere di Harajuku noto per i negozi alla moda ma soprattutto per la strada Takeshita-dori frequentatissima dai giovani che sfoggiano i vestiti più alla moda secondo la cultura della metropoli. La stazione di Harajuku può risultare sovraffollata sia per questo aspetto sia perché dall’altra parte dei binari si estende il grande Parco Yoyogi, bellissimo per la varietà di alberi e per il Santuario Meiji shintoista, forse il più bel tempio di tutta Tokio, insieme a quello buddista Senso-ji: da questo punto di vista la città non presenta molto interesse.

Di un certo rilievo, ma forse non per tutti, sono i due centri caratterizzati da grattacieli, uno davanti al Parco Chuo di Shinjuku a N-W, l’altro nelle colline di Roppongi a S-E: entrambi presentano alte strutture concepite sia individualmente sia nel complesso. Nella prima si distingue il Palazzo degli Uffici del Governo progettato dal celebre Kenzo Tange, mentre nel secondo il Museo d’Arte Mori al 54° piano del quale c’è una delle due viste panoramiche più belle della città; l’altro punto d’osservazione è nella cima della Tokyo Tower, la torre per le telecomunicazioni piramidale di colore rosso che ricorda vagamente la Tour Eiffel.

C’è poi il quartiere di Akihabara la electronic town, dove si gioca sfrenatamente al Pachinko in un quartiere illuminato da luci fantasmagoriche e dove si concentrano i negozi per gli appassionati di anime e manga: anche se non siamo appassionati di slot machine è un quartiere in cui vale la pena passeggiare soprattutto la sera.

C’è  poi un quartiere che all’opposto del precedente è caratterizzato dal silenzio e dalla meditazione dove la dimensione spirituale è dominante, Yanaka, che con il vicino Ueno crea un’oasi di pace mai affollatissima di turisti: passeggiare per le stradine d’altri tempi, soffermarsi davanti a un tempio, osservare, e magari mettere, bigliettini propiziatori, gironzolare per il cimitero dalle mille lapidi tutto ciò permette una pausa nella frenesia di un viaggio e ci riporta dentro, e a tu per tu con, la nostra anima. Un’esperienza indimenticabile.

Concludo questa panoramica invitando a una visita all’enorme mercato del pesce, da farsi la mattina presto, preparati alle grida della contrattazione, alla vista di numerose specie e all’odore di mare fresco, che non tutti sopportano.

Non si può lasciare Tokyo senza una passeggiata lungo il fiume di Tokyo, il Sumida, fatta con barche che partono da Asakusa e si dirigono a Odaiba, un’isola artificiale con un bel parco e un lungomare piacevole e riposante: si tratta di una minicrociera che permette di rilassarsi e godere di aspetti che per il resto non è facile incontrare.

I DINTORNI DI TOKYO

Nelle vicinanze ci sono due luoghi cui abbiamo dedicato particolare attenzione: il primo non poteva che essere il Monte Fuji e il secondo il centro di Kamakura sulla Baia di Sagami, più ampia e più meridionale della Baia di Tokio.

Del Monte Fuji non c’è altro da aggiungere rispetto a quello che tutti sanno: anche la sua sola vista è un premio meritato. Il Monte è circondato da cinque laghi che creano un paesaggio ancora più suggestivo. Si può arrivare anche in treno alla stazione di Kawaguchiko e da qui ci si può muovere con dei piccoli bus. Le cose da fare nell’area sono molteplici e chi ha tempo può organizzare escursioni lungo le pendici della montagna, altrimenti ci si può accontentare di qualche passeggiata lungo i laghi e vedere il Monte da numerose prospettive cercando lo scatto fotografico migliore. Noi avevamo una cameretta con i tipici futon, molto semplice, ma la finestra dava sul lago che rifletteva la montagna e rappresentava una cornice ideale, così il risveglio è stato magia.

La città di Kamakura, raggiungibile facilmente in treno, offre due cose in una. La spiaggia amplissima e frequentatissima permette un bagno rinfrescante, ma l’attrazione maggiore è data dai numerosi templi, tra i più antichi del Giappone (XIII secolo) e di diverse confessioni (Buddismo, zen, shintoismo). I templi sono sparsi in diversi punti dell’area e valgono tutti la visita: ci sono sembrati di particolare interesse il Santuario Tsurugaoka Hachiman per la dimensione, il numero degli edifici, l’ampio parco e la prospettiva e il Kotoku-in dove è presente il Daibutsu, il Grande Budda in bronzo (il sito dice “rame”) alto 12 metri e pesante quasi una tonnellata.La tratta Tokyo-Kamakura passa per due città il cui nome è familiare e significativo: Yokohama, il porto di Tokyo, oggetto degli attacchi aerei durante la II° Guerra Mondiale, e Kawasaki, nome di moto e prodotti altamente tecnologici, che però non è legato al signor Kawasaki che nell’Ottocento dette vita alla celebre industria.

Curiosità. Simpatiche e rinfrescano la memoria.

HOKKAIDO

“Percorso del mare del nord”, questa la traduzione letterale e infatti si tratta dell’isola più settentrionale. Perché abbiamo deciso di visitare questa regione, tralasciando località sicuramente più famose sia nell’isola principale di Honshu sia nelle altre? Volevamo avere un’idea di un Giappone che pensavamo molto diverso sia per la minore densità di popolazione sia per la vegetazione sia per il clima e alla fine del viaggio siamo rimasti contenti della scelta. Conoscevo Hokkaido solo per la sua capitale Sapporo, dove si sono svolte le Olimpiadi invernali nel 1972 e per una delle poche birre giapponesi vendute in Italia, per il resto si sarebbe trattato di una scoperta. Dopo l’immersione nella metropoli di Tokyo il viaggio in Hokkaido ci ha portati dentro ambienti più “naturali”, meno urbanizzati e dunque meno affollati, tanto che a Sapporo abbiamo dedicato poco tempo concentrandoci sull’altro genere di attrazioni.

Prima tappa il Parco Nazionale di Daisetsuzan ai piedi del Monte Ryoun: la strada si fa interessante dopo Asahikawa perché si insinua tra le montagne lungo il percorso del fiume Ishikari con la presenza di laghetti e cascate, mentre le pareti rocciose si caratterizzano per l’acutezza delle forme. Si possono fare delle belle escursioni lungo i pendii delle montagne che si ergono sopra i 2.000 metri, con un paesaggio che passa dal boscoso al brullo: data la latitudine e l’elevazione non sono improbabili forti piogge e soprattutto forti venti. La presenza di molta acqua legata ai vulcani è fonte di attività termali, molto comuni in tutto il Giappone, ma qui trovano ancora maggiore diffusione e, oltre agli Onsen (bagni termali) pubblici anche gli hotel cercano di rispondere alle attese dei clienti fornendo uno spazio, più o meno grande, per questo servizio.

Da questo Parco ci si dirige al Parco Nazionale di Shiretoko, l’estrema punta nord-orientale dell’isola, passando per Abashiri e Shari e continuando lungo la costa fino al centro abitato, quasi una città, di Utoru. Da qui si prosegue dentro il Parco salendo ed entrando dentro la foresta dove si incontrano alcune cascate e dove c’è da prestare attenzione alla presenza degli orsi: numerosi i punti panoramici. Un’interessante opportunità è data da un’escursione con una piccola nave lungo la costa fino all’estremità dominata da un faro, che permette di osservare la costa che negli ultimi 30 chilometri non è raggiungibile per la strada; è così possibile vedere famiglie di orsi che vivono sulla spiaggia.

Si scollina verso la costa orientale che non ha nulla di interessante se non il rendersi conto visivamente che le ultime Isole dell’Arcipelago delle Curili, che appartengono alla Russia, sono a poco più di 10 km. In genere disabitate, alcune di quelle isole vengono rivendicate dal Giappone; purtroppo la Russia le ha militarizzate a dimostrazione della strategia imperialista di cui siamo testimoni con l’aggressione all’Ucraina.

Dirigendosi verso l’interno si entra nel Parco Nazionale di Akan, una regione vulcanica ricca di acque e foreste; in particolare su tre crateri si sono formati dei laghi la cui vista è spettacolare e che presentano acque cristalline ricche di particolari famiglie di alghe: dei tre laghi quello di Akan si è maggiormente sviluppato in senso turistico, mentre il più piccolo, quello di Mashu, permette di cogliere proprio per le dimensioni la struttura conica. Il terzo, Lago Kussharo, è il più grande e offre molteplici prospettive oltre alla possibilità nella parte meridionale di fare pic nic, gite in canoa e nuotare. Anche qui la struttura vulcanica ha permesso la costituzione di molti onsen.

Da questa regione ci siamo mossi in direzione della costa occidentale, passando per i margini meridionali del Parco di Daisetsuzan, con l’obbiettivo di visitare una delle poche città storiche dell’Isola, Otaru. Nel percorso ci siamo fermati a Furano tra pianure e colline. Nei pressi della città, abbastanza anonima, anche se vicina a impianti di sci, esistono piccole colline piene di piante di lavanda, che colorano di viola e in modo uniforme ampi appezzamenti di terreno. La caratteristica più curiosa è però un’altra: per poter ammirare pienamente queste distese colorate e profumate si trovano ai lati dei campi delle seggiovie che portano dalla base alla cima, dando vita a un effetto fino a poco tempo prima del tutto impensabile.

La costa occidentale è più protetta e se anche l’acqua d’estate è abbastanza fredda ci sono diversi punti in cui si può fare il bagno e strutture per campeggiare. Finalmente arriviamo a Otaru, non molto distante da Sapporo, ma con una sua storia propria molto importante. La posizione soprattutto ne fece il primo porto commerciale e di pesca e di conseguenza crebbe il suo ruolo come centro finanziario: sto parlando del 1800, quando fu creata la prima linea ferroviaria dell’isola che collegava il porto alla capitale di Sapporo. L’aspetto turistico della città è dunque in relazione a questa sua importanza e si concentra soprattutto intorno al porto, dove sono stati valorizzati i magazzini che affiancano il canale con la presenza di lampioni a gas che riportano indietro nel tempo. Palazzi d’epoca ricordano quel periodo d’oro un po’ dappertutto, ma in particolare lungo quella che fu chiamata la Wall Street del Nord, la Nichigin-dori; soprattutto l’edificio di fine ‘800 della Banca del Giappone merita una particolare attenzione.

Lasciata Otaru, si supera Sapporo e si arriva a un altro Parco Nazionale, quello di Shikotsu-Toya, un Parco che per le possibilità offerte potrebbe richiedere anche una settimana. Molte infatti sono le escursioni che si possono fare attraverso sentieri che percorrono la regione e che sono di diversa difficoltà, infatti la presenza di alcuni vulcani rendono il cammino talvolta più impegnativo. La caratteristica più semplice del Parco è il lago Shikotsu che permette varie attività, tra cui il nuoto, il kayak, il ciclismo e nei pressi del quale l’attività termale è intensa, data la natura vulcanica della regione, in particolare lo Shikotsu-ko Onsen vicinissimo ai bordi del lago.

 

OKINAWA

Mentre Hokkaido si trova a una latitudine come quella tra Milano e Zurigo, Okinawa si trova allo stesso parallelo di Taiwan, poco sopra le Hawaii: il salto è stato dunque notevole. Okinawa è un insieme di più di cento isole, la principale delle quali è praticamente la più meridionale e ha come capitale la città di Naha, punto di riferimento per la visita di questa e delle altre isole. Il nome dell’isola, per noi boomer, ha un ricordo forte della II° Guerra Mondiale perché, nei racconti di chi aveva combattuto, la battaglia di Okinawa era ricordata come lunga, sanguinosa, ma soprattutto decisiva, perché al termine della stessa fu aperta la strada per l’invasione del Giappone. Oggi rimane la presenza di alcune basi americane e per il resto tutto rinvia al turismo sia per le spiagge, il mare, la fauna acquatica, ma anche per la qualità e varietà dei servizi offerti. La presenza di un turismo di massa orientale generato da giapponesi, cinesi, taiwanesi e sudcoreani, ha fatto di questa attività la principale fonte economica dell’isola.

La città di Naha è una grande città moderna con tanti ristoranti, locali notturni, manifestazioni culturali e folcloristiche, ma anche monumenti storici come il Castello di Shuri, distrutto da un incendio nel 2019 e ricostruito, circondato da un interessante Parco. Naturalmente chi viene a Okinawa lo fa per godersi il mare e il clima subtropicale e in questo senso non mancano né le spiagge di sabbia fine né le barriere coralline da esplorare. Le più belle spiagge nell’isola le abbiamo trovate a nord lungo la penisola di Motobu; a questo livello però Okinawa non è l’unica isola che può dare soddisfazione; a ovest infatti esiste l’arcipelago di Kerama un gruppo di isole quasi deserte e collegate a Naha da traghetti che ci arrivano in meno di due ore, permettendo una gita in giornata. Per chi avesse più tempo o volesse dedicarsi alla sola attività di osservazione della barriera corallina, ci sono altre isole più lontane, raggiungibili anche in aereo e che, dicono le guide, sono in grado di offrire qualcosa di più selvaggio e incontaminato. In particolare le isole Miyako sono celebri per le spiagge, mentre le Yaeyama lo sono per la barriera corallina. Entrambe si trovano più vicino a Taiwan che alla stessa Okinawa.

 

HONSHU CENTRO-MERIDIONALE

Il treno ci porta in un’ora dall’aeroporto di Osaka a Kyoto, la città che la storia del Giappone ha tramandato ai posteri. Antica capitale fino alla metà del 1800 ha rappresentato il centro dell’Impero per più di mille anni ed oggi, pur non avendo rinunciato a modernizzarsi, è un vero e proprio museo all’aria aperta. Geograficamente la città si distingue perché contornata da colline verdeggianti e da un fiume, l’Uji, mentre -come le grandi città di un tempo- è attraversata da un fiume più ampio, il Katsura, che entra nel fiume Yodo che sfocia nella Baia di Osaka. Comprensibili dunque sia l’insediamento sia lo sviluppo della città: la profonda Baia di Osaka è a soli 50 km. a sud, mentre altre due baie si trovano una a 60 km. a ovest e l’altra a 80 km. a est.

Kyoto e Tokyo sono due aspetti della stessa medaglia, diversi ma non opposti, interconnessi profondamente e rappresentano le due anime principali del Giappone.

Cominciamo dalla stazione ferroviaria centrale che è un edificio unico nel suo genere. Costruita a cavallo del nuovo secolo propone forme geometriche molto lineari con ampie dimensioni, ma è l’interno l’elemento più interessante, dal momento che ci sono molti negozi, bar, ristoranti e anche cinema. Oltre a questo, che è in linea con una tendenza comune in tutto il mondo, c’è una serie di scale mobili che portano ad una terrazza con vista d’insieme sia dell’interno sia dei luoghi circostanti. Curiosità tipica in tutte le stazioni importanti del Giappone è la presenza ai binari di macchine automatiche che servono i “bento”, cioè quei contenitori che in due o tre vaschette offrono il pranzo agli avventori e spesso la loro rappresentazione è proposta con riproduzioni di plastica.

Praticamente davanti alla stazione c’è la Kyoto Tower con terrazza panoramica sulla città.

La parte a ovest del fiume è la parte moderna, nella quale però esistono anche monumenti storici, come altari, templi e anche un castello. A due passi dalla stazione si trovano due templi buddisti di particolare interesse per la loro struttura e le decorazioni. Rimanendo sempre sul lato occidentale da non perdere anche il Mercato Nishiki con tutti i prodotti per la cucina giapponese.

Ancora più a nord troviamo il castello Nijo-jo e due templi shintoisti e in tutti e tre oltre agli edifici c’è da godersi il parco che si estende di molto e contiene laghetti e corsi d’acqua alla maniera tipica del paese. E’ interessante vedere come in alcuni parchi l’architettura dei giardini seguisse una vera e propria dimensione filosofica e spirituale, attraverso la disposizione in piccoli recinti di un tappeto di sabbia sul quale vengono messe delle pietre di modeste dimensioni sparse secondo codici coerenti. E’ qui che il santuario non è solo elemento di preghiera, ma diventa un percorso che, grazie alla presenza di prati, laghetti, sentieri, porta la persona a rivolgersi dentro se stesso: si tratta dei luoghi dove maggiore è stata l’influenza del buddismo zen orientato esclusivamente verso la meditazione.

A ovest non c’è molto altro, a meno che non si voglia fare una visita meticolosa, anche perché la maggior parte dei luoghi turistici si trova a est del fiume e in particolare sulle colline o ai suoi piedi; questi sono anche i luoghi di culto maggiormente frequentati dai fedeli giapponesi: è qui che più che altrove è possibile vedere giovani ragazze giapponesi vestite di tutto punto con i loro kimono dai molteplici colori, disegni floreali, la tipica fascia sul ventre e le scarpe dai tacchi piatti e alti che le fanno muovere con una leggerezza che può essere scambiata per impedimento.

Non farò l’elenco di tutti i templi che si snodano lungo il quartiere orientale di Higashiyama, per l’appunto “montagna dell’est”. La parte nord e quella sud sono egualmente interessanti e vi si trovano templi buddisti, shintoisti e parchi, l’unica differenza è che nella parte meridionale ci si muove su una maggiore altitudine con vista sulla regione, mentre nella parte settentrionale il percorso è più pianeggiante e l’accesso ai luoghi più facile.

Per capire l’importanza storica e artistica della città basta pensare al fatto che ben 17 sono i siti dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Una visita a Kyoto non può terminare senza un’escursione alla città di Nara: meno di un’ora in treno e una camminata di un paio di chilometri o un bus cittadino ci portano al nostro obbiettivo. La città fu capitale prima di Kyoto per qualche decennio ed è meta turistica perché, pur avendo diversi santuari, presenta un complesso sacro di grandi dimensioni all’interno del quale c’è un tempio buddista che conserva il Grande Budda (Daibutsu), una statua di bronzo alta 15 m. e con ben 130 kg. d’oro. E’ sicuramente uno dei luoghi più affascinanti di tutto il Giappone.

Lasciata Kyoto un po’ a malincuore, il treno ci porta a Kanazawa sulla costa del Mar del Giappone dopo aver viaggiato lungo il Lago Biwa: due ore di treno. Già la stazione è interessante per la presenza di una grande statua a forma di teiera, ma soprattutto è considerata tra le migliori stazioni per la struttura in acciaio e vetro e per l’accesso con due alte porte tortili in legno che ricordano gli accessi ai templi. Da quando siamo stati noi la stazione è andata incontro a ulteriori modernizzazioni sia nella struttura sia nell’aggiunta di negozi già comunque presenti.

La città ha una storia che risale indietro di molti secoli e deve il suo sviluppo alla regione ricca di risaie che hanno permesso ai signori locali di favorire anche iniziative artistiche: il nome stesso della città, come ricorda il sito in inglese della City, è “marsh of gold”, cioè palude d’oro. Il sito è di particolare interesse per informazioni, suggerimenti e curiosità: https://www.city.kanazawa.ishikawa.jp/index_e.html.

La città è ricca di monumenti, un Castello medievale restaurato, diversi templi e alcuni quartieri storici, in particolare l’Higashi-chaya-gai, tante case di legno originariamente per servire il tè e favorire l’incontro delle geishe con i ricchi viaggiatori, e il quartiere di Nagamachi tradizionale distretto dei samurai. Da non sottovalutare, proprio per la rigogliosa storia della città, la presenza di numerosi musei, di arte, teatro, artigianato e di molte attività tradizionali (seta, ceramica, armi…).

Come ho detto la città godeva della produzione di una gran quantità di riso e a ricordo di questa attività, che comunque non si è mai interrotta, non molto lontano da Kanazawa sono conservati dei villaggi storici con case di legno e paglia e mantenuti nelle condizioni di un tempo per offrire al visitatore le caratteristiche ancestrali di queste popolazioni. La regione interessata è quella di Gokayama, dove si trovano alcuni villaggi facilmente raggiungibili sia da Kanazawa sia da Takayama come Ainokura, Gokayama e Shirakawa: l’area, priva di grossi centri abitati e percorsa dal fiume Sho, è comunque interessante per i numerosi sentieri e la presenza di onsen. Ai margini orientali della regione si trovano le colline di Hida prima di arrivare alle Alpi Giapponesi in cui la neve non manca mai e con grandi precipitazioni: le colline di Hida sono dolci, verdeggianti, meno maestose, percorse da torrenti e ruscelli, ricche di fiori e alberi da frutta e offrono sistemazioni piacevoli e molto accurate, sebbene spesso isolate. A sud di Hida si trova la città di Takayama che mantiene un aspetto d’antan nella parte centrale con edifici storici, un paesaggio fluviale, musei e soprattutto un caratteristico quartiere antico dove le basse case in legno ospitano una gran quantità di produttori di sakè.

A sud c’è una delle più grandi concentrazioni urbane del Giappone che ha il suo centro nella città di Nagoya, da cui saremmo ripartiti: di questa metropoli di fatto fa parte anche la città di Gifu, se non fosse separata dal fiume Kiso; in realtà non esiste soluzione di continuità tra le due città. Sebbene Gifu sia una città interessante per le vicine montagne, il fiume, la presenza di templi ha però un aspetto un po’ trasandato e noi ci siamo fermati solo per vedere il terzo grande Budda del Giappone, alto 14 m. e posto vicino al fiume. Il Caso ha voluto che ci sporgessimo sul fiume e vedessimo molte imbarcazioni di pescatori; il Caso ha voluto ancora che sul ponte ci fossero delle lapidi scolpite con pescatori e cormorani e così abbiamo scoperto che la ricca pesca sul fiume avveniva con l’aiuto di questi uccelli dal collo lungo e curvo e tenuti per una cordicella: il cormorano cattura il pesce e lo getta nella cesta del pescatore.

Ed eccoci all’ultima tappa, la città di Nagoya, la quarta per popolazione sullo stesso livello di Osaka. Nagoya è soprattutto una città moderna con grattacieli prodotti da noti architetti, ma solo vicino alla stazione e nel centro; per il resto si tratta di edifici alti collocati ai lati di ampi e lunghi viali. Solo fuori dall’area interna al circuito ferroviario l’agglomerato urbano è costituito dalle caratteristiche case basse familiari tipiche di tutto il Giappone. Per una visita non superficiale bastano tre luoghi.

Il primo è il Castello su una roccia, dallo stile tipicamente nipponico (simile a un tempio) che oltre alla struttura presenta antiche tavole e opere d’autore.

Il secondo è la fabbrica-museo della Toyota, nata come produttrice di filati e poi dedicatasi alle automobili: il museo è veramente interessante perché, oltre ai modelli delle auto, ripercorre i vari passaggi che hanno portato l’azienda dalle origini alla situazione attuale che la coinvolge anche nella robotica.

Il terzo riguarda l’area centrale tra la Mirai Tower e il Museo della scienza, in particolare va notato che ci sono spazi aperti per iniziative giovanili, ma sia la Torre sia il Museo sia il nuovo Spaceship-Aqua Observation Deck con l’aggiunta dei migliori templi fanno sì che questa zona centrale sia un punto di riferimento, anche perché alcuni centri commerciali offrono tutte le specialità gastronomiche della regione.

All’aeroporto, finalmente, all’ultimo tuffo, abbiamo trovato e potuto comprare il pupazzo che abbiamo cercato ovunque e senza il quale non saremmo potuti partire: Totoro, la dolce e tenera creatura grigia dei lavori di Miyazaki.

 

POSTILLA CULINARIA

Oggi i ristoranti giapponesi sono numerosi e abbastanza economici, ma naturalmente cosa diversa è la cucina giapponese in Giappone. Prima di parlare dei cibi c’è da dire come l’ingresso nei locali giapponesi comuni è sempre accompagnato da un’accoglienza e da un saluto rumorosi, che all’inizio credevamo rivolto a noi in quanto turisti occidentali, ma che poi abbiamo verificato essere il consueto benvenuto rivolto a tutti i clienti.

Per il cibo sushi, sashimi e tempura sono frequenti e in genere ci sono locali che presentano principalmente questi piatti, ma non sono la caratteristica principale della cucina giapponese.

Le zuppe, i ramen, sono infinite e mescolano vari tipi di verdure, ma cavolo e funghi in genere non mancano, frequentemente hanno uova o pezzi di carne di maiale o pesce e poi ci sono gli spaghetti, in genere di frumento ma anche di riso: le varietà di ramen sono diverse per regione e per ingredienti.

Il barbecue al tavolo può essere di carne o di pesce ed è preparato dal cliente: questa specialità deriva dalla Corea.

Al tavolo si può anche fare una specie di fonduta con brodo in cui siamo noi a mettere verdure e carni per il tempo che vogliamo.

Anche i gyoza, una specie di ravioli di origine cinese, sono molto frequenti nei menu giapponesi.

Un piatto a cui non avremmo mai pensato e che abbiamo preso più volte a Okinawa è stata la lisca di un pesce di medie dimensioni fritta: risultato incredibile di una croccantezza straordinaria.

C’è poi la carne delle carni, il kobe, fette di carne di una razza bovina selezionata e nutrita in modo particolare, tanto da formare un reticolo di grasso al suo interno che nella cottura sprigiona un sapore eccellente: il suo costo è molto alto e questa carne si comincia a vedere anche in Italia, dove si pagano cifre esagerate; per questo in un viaggio in Giappone vale la pena fare un’eccezione e provarla.

Se le birre sono diffuse, il sakè è la bevanda tradizionale, servita calda o fredda; io la preferisco fredda.

 

CONCLUSIONE

Non è possibile intraprendere un viaggio in modo meccanico, anche se hai studiato a fondo il Paese, hai scartato questo e scelto quello, hai prenotato qualche albergo e hai pensato al daybyday. Non è possibile per noi perché quelli che sembrano punti fermi sono solo orizzonti, cornici, quadri di riferimento, strategia; il procedere concreto dei movimenti, cioè la tattica, viene rinviata al periodo tra la partenza e il ritorno. Certe cose importanti si materializzano nel corso del viaggio, mentre altre sfumano e sfumano non perché l’organizzazione non sia stata precisa e puntuale, ma perché ogni passo genera prospettive non prevedibili: questa è la differenza tra deterministi e complessi. Pensando e facendo in maniera complessa ci facciamo il Caso amico che ci ripaga, sempre o quasi. Cercavamo Totoro e partire senza ci sarebbe dispiaciuto, ma non ci siamo lamentati e tanto meno arrabbiati: il Caso ce lo ha fatto trovare all’aeroporto il giorno in cui avremmo lasciato il Giappone. Tante cose sarebbero potute andare meglio o compiersi, ma abbiamo sempre saputo ovviare. Al Parco Daisetsuzan pioveva e non abbiamo potuto compiere il percorso, in cambio abbiamo passato un’ora in una deliziosa pasticceria-libreria. Furano doveva essere solo una tappa e invece è esploso il campo viola di lavanda. Alle isole Zamami c’era un microrganismo che pizzicava e Beatrice era restia a fare il bagno, ma un ragazzo le ha offerto la tuta. Abbiamo cambiato itinerario a Kanazawa per poter vedere i villaggi storici. A Tokyo il Palazzo Imperiale non ha soddisfatto le nostre aspettative, ma siamo stati ricompensati dal Parco Yoyogi e tanti altri episodi.

Come nella vita professionale e in quella personale, anche i viaggi richiedono che la strategia sia definita, ma che la tattica sia pienamente flessibile. Ciò predispone positivamente e alla felicità, senza rimpianti, rimorsi, arroganza così frequenti al giorno d’oggi: nei viaggi, nella vita personale, nella vita professionale.

Il viaggio in Giappone studiato e preparato come si deve è diventato speciale non tanto per la sapiente organizzazione, ma per la luce e i colori che Beatrice ha portato allora, ma che ha anche continuato a coltivare fino a oggi, approfondendo quella cultura e cominciando a studiare la lingua. Il Giappone non esiste in sé, ma ce ne siamo serviti e nutriti per costruire parti importanti di noi. Come succede ad ogni nostro viaggio.