Nel quadro di riferimento delineato nel capitolo precedente ad un certo punto si inserisce anche la Francia. Come ho ricordato, anche nel mondo antico ci si trovò di fronte a veri e propri Imperi coloniali, ma essi operarono all’interno di un contesto storico e geografico limitato e in genere frammentato. Ciò che provocò un radicale cambiamento imponendo una svolta decisiva alla Storia dell’uomo fu la Scoperta dell’America e le grandi navigazioni attraverso l’intero globo.

Intorno al XV secolo il mondo era ormai strutturato in Organizzazioni e Istituzioni sempre più forti che avevano dato vita a Stati ben conformati che si erano sviluppati a partire dalle primitive formazioni: in genere si trattava di Stati fortemente gerarchici con una disposizione piramidale. Solo in Europa, e in modo lento, si aprivano scenari meno dispotici.

L’esercito, le tasse, la religione erano gli strumenti principali di quelle strutture.

L’uscita dal proprio tradizionale territorio e l’apertura di nuove strade verso nuovi territori continuarono ad essere una prerogativa delle strutture sociali e politiche in tutto il mondo: è naturale che più il numero, le dimensioni e la potenza dei singoli soggetti crescevano maggiori erano le possibilità di conflitto, anche perché ci si rendeva conto dei limiti materiali del Mondo e che la velocità di spostamento e comunicazione lo rendeva ancora più ristretto.

Il fenomeno coinvolge gli Stati in Europa, Asia e Africa, mentre in America gli Imperi Aztechi, Inca e Maya si erano formati ed erano diventati potenti a danno di altre popolazioni (Olmechi, Zapotechi…).

Tutti gli aspetti della vita umana presentano molteplici caratteristiche. Un esempio che trovo significativo è il termine che i Latini usavano per designare coloro che venivano da altri territori: hostis. Hostis era il viaggiatore che venendo da lontano aveva bisogno di aiuto: da qui la parola ospite, ospitalità, ospedale. Questo era un significato, ma ce n’era anche un altro, molto ben diverso, per il quale era chiaro che dietro lo straniero si poteva nascondere un nemico. Hostis ha anche questo significato, di nemico, da cui derivano parole come ostile, ostilità.

Torniamo alla Francia e al Vietnam. Il maggior impulso alle relazioni non solo economiche tra Stati lontani si ebbe con le scoperte e le grandi navigazioni, dunque a partire dal 1500. All’inizio la Francia si diresse verso le Americhe dove fondò colonie sia nei Caraibi sia nella terraferma, come il Quebec e la Louisiana, raggiungendo anche il nord del Brasile; solo successivamente si rivolse all’Africa e all’Asia.

Non c’è nulla di buono o cattivo in questa attività che veniva praticata da quasi tutti i popoli che avevano dato origine a uno Stato: in realtà parlare di popoli è improprio perché i popoli erano sudditi e le decisioni venivano prese da classi dirigenti che ruotavano intorno a casati nobiliari e dinastie. Dove il popolo, seppur in misura modesta, poteva dire qualcosa era in Europa soprattutto in Inghilterra con il Parlamento, e poi negli Stati Uniti. Come ho scritto altrove, anche nel mio libro di Storia, continuiamo a ignorare la prima Tratta degli schiavi africani operata dagli Arabi con la connivenza di Sovrani locali, a cui gli Europei si unirono successivamente.

Prendendo in considerazione l’Asia nel suo complesso, dobbiamo ricordare il ruolo svolto dall’Impero Cinese, dall’Impero Arabo, dai Regni Indiani, dall’Impero Turco, tutti Stati che facevano quello che è connaturato con l’essenza dello Stato, cioè esercitare il potere. Il potere viene esercitato sia all’interno nei confronti degli abitanti sia all’esterno nei confronti di altri Stati. La Pace non è la condizione di default, che è invece la Guerra, perché è solo attraverso la guerra che si ottengono sempre maggiori ricchezze, maggior potere, maggiore prestigio. Solo il Cristianesimo cercherà, seppur in forme limitate, di partire da un’ottica di pace che si tradusse nella diffusione mondiale di missioni, che avevano il solo obbiettivo di propagare la parola di Cristo. La conversione si avvalse anche delle armi, ma più spesso avvenne senza il bisogno di farvi ricorso. Naturalmente, anche senza le armi, la presenza di religiosi europei poteva essere percepita e rappresentare un’azione aggressiva: ma così va la Storia ubi maior et ubi minor.

Fino al 1500-1600 le esigenze economiche nell’espansione erano secondarie a causa del carattere sostanzialmente statico della maggioranza delle economie: i contadini francesi come quelli vietnamiti e quelli etiopi producevano una quantità limitata di beni che tendenzialmente non mutava di anno in anno. Con lo sviluppo dei commerci, di un’economia di mercato, le cose cominciarono a cambiare perché il numero di soggetti coinvolti era maggiore e andava oltre l’élite, coinvolgendo mercanti, associazioni, imprenditori. Questo non riguardò solo l’Europa; basta pensare ai mercanti arabi presenti soprattutto ma non solo nelle coste dell’Africa.

All’inizio si trattò di ottenere privilegi presso determinati porti e solo successivamente si decise di intervenire direttamente per stabilire una presenza costante e sempre più sicura, perché i commerci potessero avvenire nel modo più tranquillo possibile. All’inizio furono i religiosi, poi qualche isolato mercante (anche dopo Marco Polo), ancora Associazioni di Capitali (come la Compagnia delle Indie) e infine lo Stato vero e proprio con gli strumenti della propria amministrazione, tra cui l’esercito.

E’ alla fine del 1800 che la Francia decide di intervenire nel sud-est asiatico per contrastare non solo le presenze europee, come quella inglese, quella olandese e in minor misura quelle portoghesi e spagnole, ma anche i movimenti cinesi che non si erano mai interrotti, mentre Russia e Giappone cominciavano ad affacciarsi sulla scena mondiale, a partire proprio dal continente asiatico.

La Francia stabilisce accordi con l’Imperatore del Vietnam fino a realizzare un Protettorato, forma giuridica internazionale che garantisce una formale indipendenza sotto il controllo strategico del paese straniero. Quando si parla di usurpazione da parte della Francia si dice una cosa vera, ma coerente con il quadro internazionale, e una cosa falsa, perché ci si dimentica che il colonialismo cinese nel sud-est asiatico fu molto più lungo e oppressivo di quello francese. Da secoli la Cina aveva il diritto di controllo delle relazioni internazionali dell’Impero del Vietnam (la così detta suzeraineté) tanto che la presenza francese portò a una guerra tra Cina e Francia che i cinesi persero. I cinesi non i vietnamiti. Il Vietnam divenne così una colonia francese, insieme a Laos e Cambogia, un Paese diviso dalla Storia, dalle Etnie, dai Regni, dalle Invasioni. Un Paese che con terminologia marxista potremmo chiamare “feudale”, nel senso di un’economia chiusa, molto simile a quella europea prima dello sviluppo urbano e mercantile. Simile anche per la presenza di terre comuni, di villaggio o foreste che portarono in Europa e anche in Vietnam alla loro espropriazione e alla nascita di fondi o latifondi privati: come in Europa fu un sopruso che, a posteriori, riconosciamo però come decisivo nella nascita del mondo moderno. Ma non sempre si trattò di espropriazioni e ci furono anche regolari compravendite che permisero di procedere a bonifiche per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento.

L’idea che i Francesi rubassero i prodotti vietnamiti è un’idea semplicistica e non corrispondente al vero: lo sviluppo economico del Vietnam (riso e caucciù soprattutto) introdusse un’economia di mercato che trasformò gran parte della forza-lavoro tradizionale: non mancarono certo soprusi e forzature per spingere la popolazione locale al nuovo lavoro, ma in genere si cercò di attirare i lavoratori con la prospettiva salariale. Nello sviluppo di un’economia di mercato fu decisivo il ruolo di una classe vietnamita che funse da intermediaria. Come avvenne del resto in tutte le colonie la creazione di infrastrutture, come strade ferrovie (1880) e porti, permise una modernizzazione del Paese di cui ancora oggi questo si avvale. Furono istituite scuole chiaramente sul modello francese ma che non erano riservate ai soli francesi, cittadini d’altra parte in numero veramente modesto: alla fine degli anni ’30 erano solo 30.000 a fronte di una popolazione di 22 milioni. Furono creati ospedali e molti medici si recarono per un’attività volontaria, come fu il caso celebre del Dr. Yersin che scoprì il bacillo della peste e produsse un siero, prodigandosi a Nha Trang per i più poveri e dove dette vita a una sezione dell’Istituto Pasteur già nel 1895 diventata poi un Museo a lui dedicato.

C’è da aggiungere che la trasformazione dei caratteri tradizionali in caratteri latini favorì l’integrazione del mondo vietnamita nel contesto mondiale, una trasformazione che risale al secolo XVIII.

Nessuno può mettere in discussione il fatto che la Francia, come le altre potenze, oltre a fini politici ed economici si proponesse una così detta “missione civilizzatrice”, espressione che oggi fa storcere il naso, ma che 150 anni fa era comprensibile, accettata e diffusa da tutti i contendenti. Per la Francia, e gli altri paesi europei, si trattava della convinzione della superiorità religiosa (un Dio unico), politica (la liberaldemocrazia), economica (l’economia di mercato), culturale, scientifica e tecnologica. Per la Cina si trattava principalmente di diffondere soprattutto il Confucianesimo, ma pure il Taoismo e il Buddismo trovarono un fertile terreno tanto da essere ancora oggi l’afflato spirituale dominante in Vietnam, contro un 10% di Cristiani. Eppure nessuno si scandalizza per l’intrusione cinese che portò all’abbandono delle religioni tradizionali locali. Anche gli Arabi ebbero la loro “missione civilizzatrice” che puntava soprattutto sull’islamizzazione e che fu in genere forzata.

Abituati ad essere sudditi da sempre, i vietnamiti non avevano una coscienza nazionale che cominciò a formarsi solo grazie al contatto con la cultura europea e soprattutto dopo l’avvento del comunismo in Russia.

Ho Chi Min visse e studiò in Francia, Stati Uniti e Inghilterra, Pol Pot (Leader Khmer) studiò alla Sorbona e fu amico di Sartre, l’eroico generale Giap si formò nelle scuole francesi del Vietnam e così fu per molti dirigenti. Il resto, come vedremo, avvenne grazie alla vittoria di Mao Tse Tung in Cina dove si ebbe nel 1949 la nascita di uno Stato Comunista.

E’ infatti solo dopo il 1920 che iniziano le prime rivendicazioni e i primi moti. Come era successo in Russia e in Cina anche in Vietnam un gruppo relativamente esiguo di guerriglieri ispirati dall’ideologia leninista seppe tenere in scacco la Francia, approfittando soprattutto degli eventi della Seconda Guerra Mondiale e il vuoto di potere creato dalla sconfitta giapponese che aveva occupato la regione dal 1940 al 1945.

E’ da qui che occorre ripartire per comprendere gli avvenimenti, spesso confusi e poco lineari, che caratterizzarono il Vietnam dopo il 1945.