H – HIROSHIMA. POLITICAMENTE CORRETTO? NO GRAZIE.
Può sembrare strano parlare di Hiroshima (e Nagasaki) in una riflessione sul “politicamente corretto”, e in parte lo è, perché non è un argomento di attualità nella discussione sul “movimento della correttezza”. Ne parlo però perché rappresenta un terreno di coltura di ciò che ha portato alla diffusione di quel movimento: sono decenni che una certa cultura pacifista si è servita di quell’evento per dare lezioni morali, naturalmente in chiave antiamericana. Esso è servito anche alla cultura “green” per demonizzare una risorsa energetica fondamentale, quella dell’atomo.
LA GUERRA
È curioso che l’atteggiamento del Partito Comunista nel 1945 nei confronti dei due bombardamenti fosse positivo ed espresso con parole che denunciavano i critici per “astratto umanitarismo”. I nipoti dei comunisti di allora hanno invece fatto proprio quell’umanitarismo sia per l’antiamericanismo viscerale avviato negli anni ’50 sia per il naturale moralismo che caratterizza da sempre l’ideologia. Il trionfo del socialismo avrebbe mostrato la superiorità morale di un regime collettivista rispetto al capitalismo, individualista ed egoista. Il fallimento dei regimi socialisti ha permesso una riflessione più attenta, ma rimangono significative resistenze ancora oggi visibili nei confronti delle guerre in corso e di fronte al grande dibattito sul riscaldamento globale.
Molti Istituti scolastici negli ultimi decenni hanno portato avanti iniziative per denunciare il crimine che, secondo loro, era rappresentato dai bombardamenti in Giappone; molti professori di storia presentano l’argomento ai loro studenti come se fosse paragonabile alla Shoa.
Naturalmente ne parliamo perché nell’affrontare questo argomento si ritrovano due caratteri tipici del “politicamente corretto”, il moralismo e l’anacronismo.
Affrontare i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki fuori dal contesto in cui erano inseriti è il classico errore della corrente di pensiero di cui mi sto occupando. Per chi vuole riassumere le diverse posizioni la pagina di Wikipedia è sufficiente a farsi un’idea.
Qui a me interessa far notare come la posizione critica che non può essere accettata riguarda il giudizio morale, non storico, di quei due eventi. Il giudizio morale non tiene conto delle dinamiche concrete e storiche e quindi non prende in considerazione né gli antefatti né le conseguenze. Si limita a giudicare immorale per la perdita di un numero troppo (?) alto di civili e la potenza eccezionale dello strumento di morte. Personalmente mi trovo dalla parte di coloro che ritengono il bombardamento un evento bellico positivo che ha accelerato la fine della guerra con tutto ciò che questo significa. Accetto però il giudizio dei critici che lo hanno affrontato da un punto di vista storico, perché offrono valutazioni coerenti con il fenomeno storico che viene contestualizzato. Nulla a che vedere con chi si erge a Giudice Morale. Si può discutere degli eventi mettendo in evidenza diversi aspetti; non concordo con chi ritiene che la guerra era ormai finita e che dunque i bombardamenti erano inutili, ma accetto questa posizione come parte di un libero dibattito democratico, un dibattito che può anche essere acceso, ma che è l’anima delle liberaldemocrazie.
Il politicamente corretto anche in questo caso pone la questione su un piano astratto e dunque, facendone un punto di vista morale, di scontro tra Bene e Male, non interviene nel dibattito storico, ma procede per condanne: i suoi sostenitori sono il Bene e chi non la pensa come loro sono nemici da combattere.
La Pace non è un valore assoluto ma una conquista storica in cui gli uomini in carne ed ossa si sono impegnati per la sua realizzazione. Oggi paghiamo 50 anni di smobilitazione culturale e spirituale, di cui è primo responsabile la scuola, dove si è lasciato diffondere tutto il peggio del peggio: si è cominciato negando il ruolo dell’URSS nella spartizione della Polonia con Hitler e l’esistenza dei gulag, si è continuato criticando gli USA per il maccartismo ritenuto peggiore di ciò che succedeva nei paesi comunisti, si è esaltata la Rivoluzione Culturale cinese, si è criticato il militarismo italiano (Cadorna e Mussolini) e occidentale, non si è mai presentata la liberaldemocrazia e la società aperta come un positivo punto di arrivo, si è preso Ungaretti, pur volontario, come esempio di pacifismo, mentre le critiche al capitalismo a partire dalla rivoluzione industriale sono sempre state il leit motiv.
È vero che prima si studiavano soprattutto battaglie, guerre, re e governi, ma almeno si aveva un assaggio di come funziona la storia. Negli ultimi 50 anni invece si è ridotta la storia a un problema morale, il Bene e il Male, i Buoni e i Cattivi, i Poveri e i Ricchi, gli Sfruttati e gli Sfruttatori, i Deboli e i Potenti, la Pace e la Guerra.
Invece di approfondire la complessità si è realizzata una riduzione semplicistica.
Si sono create generazioni ideologizzate che di fronte a ogni evento hanno subito la risposta pronta, che non è uno sguardo nelle trame complesse, fatte di rottura ma anche di continuità, cui la storia ci ha abituati. La risposta semplice non può che essere di tipo morale e così diventa controproducente, come abbiamo visto nel capitolo sulla Guerra.
Le paure per una guerra atomica distruttiva sono state smentite proprio dalla deterrenza nucleare che senza Hiroshima non ci sarebbe mai stata, ma in questo semplicistico procedere Hiroshima è diventata ben presto l’occasione per demonizzare l’energia nucleare, sostituendo l’analisi storica con pregiudizi morali.
L’ENERGIA
Gli esperimenti nucleari fatti a scopo bellico sono risultati utili per un uso pacifico, permettendo la produzione di energia pulita attraverso centrali che avrebbero permesso, e di fatto hanno permesso, di diminuire l’uso sia del carbone sia del petrolio con minore inquinamento e una minore dipendenza dai paesi produttori di petrolio. Non è strano che la criminalizzazione dell’atomo sia avvenuta dopo Chernobyl nel 1986, un vero e proprio disastro ambientale, perché ciò che è successo nell’Ucraina Sovietica è significativo delle potenzialità negative. Purtroppo, invece di analizzare le cause, si è voluto nascondere la verità. Si è cominciato col paragonare ciò che è successo in URSS con l’incidente avvenuto negli Stati Uniti sette anni prima a Three mile island, dove però non ci furono morti né all’interno né nei dintorni. A Chernobyl c’era già stato un incidente nel 1982 tenuto segreto dal regime comunista e nulla fu fatto per migliorare struttura e funzionamento, non volendo vedere che l’Unione Sovietica procedeva nella distruzione dell’ambiente senza preoccuparsi dei propri abitanti: era già successo con la scomparsa di uno dei più grandi laghi del mondo, il lago d’Aral, prosciugato per i piani agricoli, e con le numerose esplosioni nucleari avvenute in vicinanza di luoghi abitati.
La demonizzazione dell’atomo riusciva anche perché causa di incidenti nei due paesi leader mondiali, mentre la paura che evocava era nascosta dalla disinformazione dei gruppi ecologisti che si stavano formando nella lotta al sistema (capitalistico) dopo la crisi e il crollo del comunismo. Ancora oggi si nasconde il fatto che le centrali nucleari sono state sempre più migliorate e quelle di ultima generazione risultano estremamente sicure. Il “principio di precauzione”, di cui ho parlato nel capitolo sull’ecologia, ha fatto il resto, sostituendosi a un’analisi storica che mostrasse i progressi reali che lo sviluppo dell’industria ha sempre realizzato. L’incidente di Fukushima ha mostrato che anche in condizioni altamente inusuali e drammatiche come il terremoto e il conseguente tsunami, il più grande mai avvenuto in Giappone, le vittime furono la conseguenza della mancanza di piani adeguati e del panico che l’ordine di evacuazione ha provocato nella popolazione. Morti direttamente a seguito della fuoruscita di radiazioni non sono state registrate, mentre i problemi nell’ambiente hanno richiesto un’ulteriore attenzione, ma ad esempio il riversamento nell’Oceano fatto insieme all’Agenzia Internazionale dell’Atomo non ha presentato pericoli, ma la Cina lo ha usato per motivi di propaganda. Il “politicamente corretto” ha preso la palla al balzo e diffuso la propaganda cinese.
Ogni occasione è utile per i moralisti del “politicamente corretto” e dispiace che i governi dei paesi democratici siano stati spesso i portavoce di quelle paure attraverso iniziative che di fatto hanno privilegiato l’uso del petrolio a seguito della condanna dell’energia atomica. Certo, a parole si è parlato di eolico, solare, elettrico, ma nei fatti la vera alternativa concreta è tra petrolio e nucleare. Non è un caso che la stessa Germania che aveva annunciato la dismissione di alcune centrali atomiche, per venire incontro al movimento dei Verdi, abbia successivamente dovuto ricredersi, con un intelligente buon senso comune verso il principio di realtà. Dell’Italia meglio non parlare visto che ha abolito il nucleare con il referendum del 1987 e la nascita di numerosi comuni autodefinitisi “denuclearizzati” come se le radiazioni avessero il passaporto: la Francia produce il 70% della propria energia elettrica grazie al nucleare.
Ancora una volta purtroppo l’ideologia ha fatto le sue vittime.