È curiosa la diffusione della critica all’Occidente senza sapere cosa l’Occidente sia. Avevano cominciato alcuni filosofi occidentali a metà del secolo scorso accusando il trionfo della tecnica e la conseguente disumanizzazione della società; hanno continuato alcuni movimenti ideologici sul finire del secolo scorso identificando l’Occidente con il capitalismo e poi, visto il fallimento del comunismo, si è tornati a criticare la tecnica come forma di imbarbarimento e distruzione dell’habitat. Nonostante la scienza, nel frattempo, si sia sviluppata in una dimensione non più deterministica si continua ancor oggi a stabilire un nesso preciso e diretto tra scienza e tecnica, non comprendendo che il carattere complesso della scienza impedisce quel trionfo assoluto della tecnica che si era individuato in precedenza.

Tutto questo all’interno del mondo occidentale, criticato da alcune frange per il suo materialismo per cui si esige maggiore spiritualità: la si è cercata nel buddismo, nell’induismo e nelle popolazioni primitive dimenticando che solo componenti molto ristrette in quei popoli vivevano in termini di spiritualità; non solo, ma dimenticando anche che quei popoli praticavano rituali orribili e la lunghezza della vita era veramente breve.

C’è di più.

Ormai, che non esista alternativa all’Occidente è dimostrato dal fatto che tutti i paesi del mondo, eccetto la Corea del Nord, da un lato lavorano per crescita e sviluppo, dall’altro si dichiarano democrazie, naturalmente con i dovuti distinguo e le specificità regionali e culturali. Democrazia e sviluppo sono oggi il punto di riferimento di tutte le nazioni e, nonostante sia ovvio che esse sono il frutto della storia occidentale, non sono le uniche caratteristiche che ci appartengono e ci caratterizzano.

Vediamo dunque cosa è l’Occidente e perché dobbiamo esserne orgogliosi.

Riconoscere la propria identità è la base per la convivenza, il confronto, il dialogo: nessun sentimento o atteggiamento di tolleranza è possibile senza sapere chi siamo.

Per approfondire il rapporto tra identità e diversità rimando al capitolo di questo lavoro “D-Diversità”.

L’Occidente non è un valore assoluto ma una realtà, materiale e spirituale, che si è formata storicamente attraverso almeno tre millenni e lo ha fatto secondo quel processo evolutivo che ritroviamo anche in natura, a livello sia macro sia microcosmico. In questo senso l’Occidente è allo stesso tempo una realtà concreta e un orizzonte: nonostante più volte anche al suo interno si sia parlato di decadenza, fine e compimento, ciò che l’Occidente esprime è qualcosa di consistente con cui fare i conti ed è anche anche una serie di punti di riferimento che permettono di orientarci e di dare un senso a ciò che siamo.

Ci sono alcuni momenti nella storia dell’Occidente che hanno svolto un ruolo determinante nella sua formazione-conformazione-consapevolezza, momenti che hanno permesso di operare un salto evolutivo.

 

1) IL MONDO GRECO.

Le città-Stato della Grecia antica sono una novità nel panorama storico del passato caratterizzato da Regni o Imperi assolutisti dominati da una Dinastia che veniva riconosciuta come divina o comunque superiore a tutti per la sua nobiltà (famiglie notabili, conosciute per meriti e dunque meritevoli). La Polis è caratterizzata dalla libertà, riconosciuta come prerogativa del vivere sociale, una libertà che investe sia il sapere sia l’educazione: l’agorà, la piazza pubblica è il luogo in cui si discute, si ragiona, ci si confronta, ponendo la base delle decisioni pubbliche. La legge diventa garanzia di questa libertà e dell’uguaglianza tra i cittadini, mentre il diffondersi delle scuole di pensiero con la nascita della filosofia aprono porte ed orizzonti nuovi allargando in maniera crescente la visione della città.

Lentamente la religione omerica lascia il posto a una riflessione che abbandona il “mito” sempre più sostituito dal “logos”: il logos, cioè la ragione e il ragionamento, come strumento di indagine continua e inarrestabile, da cui l’idea di progresso, scienze e tecniche all’avanguardia, una cultura vasta e differenziata. E tutto ciò informa tutta l’area geografica che viene toccata dall’espansione greca, a est ma soprattutto ad ovest in tutto il Mediterraneo. Si tratta di una prima forma di separazione tra il politico e il religioso, il terreno e l’ultraterreno, grazie al quale da un lato sta la physis, la natura considerata immutabile, dall’altra il nomos, la legge, frutto della politica, cioè dell’intervento dell’uomo, che per questo risulta modificabile.

Tutto questo sono i nostri antenati e tutto questo ci ha formati e conformati. Non è un caso che questo universo completamente nuovo abbia prodotto la filosofia, l’arte classica, la scienza, la libertà, l’educazione.

E persino ai greci si deve l’invenzione del gioco, (La vittoria dell’occidente di R. Stark ed. Lindau, 2014, pag. 24) secondo gli studi della grande classicista Edith Hamilton, The Greek way: gare atletiche, di danza, musicali e di ogni altro genere.

Divertimento e competizione.

 

2)ROMA: DIRITTO PRIVATO E UMANESIMO

Roma è erede della Grecia non solo per aver usato gli stessi dei come si studia a scuola, ma per la cultura del diritto e per i riferimenti al logos; essa cercò di spendere quell’eredità in uno Stato dai confini infinitamente più grandi della città-Stato greca. La storia di Roma si dipana per oltre 1.000 anni ed è piena di contraddizioni, ma il carattere cosmopolita della società romana approfondì quella comprensione di uomo e di persona umana che il logos greco aveva creato. Il linguaggio del diritto andò sempre più allontanandosi dalle leggi civiche delle origini, basate sulla religione, assumendo le caratteristiche di astrattezza necessarie per riferirsi agli individui in quanto tali.

Dalla Repubblica all’Impero cristiano la persona diventa il centro della vita sociale. Se è vero che il termine “persona” (dall’etrusco “maschera teatrale”) si deve a Cicerone (I sec. a.C.) esso troverà la sua conferma e istituzionalizzazione grazie al Cristianesimo per il quale tutto ruota intorno alla persona e al suo libero arbitrio.

Nel VI sec. d.C. il processo arriva al fondamentale Corpus Juris Civilis di Giustiniano.

Nel Diritto Romano, ancora ai nostri giorni oggetto di esame all’Università, si ritrovano aspetti molto familiari: il diritto delle persone, il diritto delle cose, il diritto degli obblighi con tutti gli argomenti a noi comuni (matrimonio, famiglia, proprietà, usufrutto, acquisti, vendite ecc.).

Il Diritto Romano, separando il concetto di tuo dal mio, pone le basi della nozione moderna di persona che raggiunge una dimensione senza paragoni rispetto alle precedenti culture e civiltà: un uno che è libero, con una vita interiore e un unico destino, in breve un Ego, attribuendo così a ogni individuo la funzione di svolgere un particolare ruolo durante la vita.

 

3)IL CRISTIANESIMO

È in gioco l’idea del cambiamento, della trasformazione e, in parole povere, del Progresso. Il Cristianesimo rappresenta una vera e propria rivoluzione, di cui almeno tre aspetti emergono.

 

  1. a) Gesù è uomo e Dio. Con ciò esso stabilisce un legame tra il nostro universo umano e la prospettiva divina. Nell’Islamismo ad esempio Maometto è solo un uomo che si limita a ubbidire ad Allah (non a caso Islam significa “sottomissione”),
  2. b) Il Cristianesimo esalta il concetto di persona che è dotata del libero arbitrio; da lei dipende il suo futuro, di gioia o di perdizione. E questo comporterà una rivalutazione dell’uomo: dal “Ora et labora” di Benedetto alla diffusione delle Università e della Scolastica di San Tommaso l’uomo è invitato ad agire nel mondo terreno

Dopo l’anno Mille muta l’atteggiamento culturale della Chiesa e si prepara l’altra grande svolta dell’Umanesimo e del Rinascimento. Nelle Università si recuperano le conoscenze del passato, in particolare il Diritto, mentre si impone l’aristotelismo di San Tommaso che è una visione impregnata di naturalismo.

Già con Dante, e soprattutto Petrarca e Boccaccio, l’uomo diventa nuovamente protagonista. Le arti liberali del mondo classico, quelle del “trivium e del quadrivium” tornano ad essere un momento della preparazione intellettuale e il fervore intellettuale si diffonde a partire dalle Università in tutti i centri più importanti del Continente. Insomma, esiste un grande fattore positivo che, entrando nel contesto del tempo ed evitando ogni forma di anacronismo, deve essere riconosciuto: la riscoperta del valore dell’uomo dentro la storia e la società.

c)L’amore e la compassione sono alla base del messaggio cristiano e mettono in moto le ruote del progresso storico. Ne consegue un’etica della responsabilità che mette di fronte a ognuno di noi la scelta del proprio destino: lottare contro il male, sforzarsi di superarlo va oltre la serenità del mondo pagano e questo è possibile solo se crediamo che il mondo del futuro possa essere differente dal mondo del passato. Dalla visione ciclica del mondo classico alla visione lineare del mondo giudaico-cristiano. Le culture non europee, compresa la religione islamica, sono prive di questa visione che ne provocherà ritardi e sconfitte.

Questo non vuol dire che il nuovo percorso porti al paradiso in terra, anzi si svolgerà attraverso numerose contraddizioni, flussi trasversali, intrecci e interconnessioni, ma l’idea di progresso ha dato un nuovo senso alla vita umana e sarà sempre più incorporata anche da altri mondi.

 

4)LA DEMOCRAZIA LIBERALE

In cosa consistono le istituzioni democratiche e liberali nate dopo secoli di conflitti e di intenso sviluppo culturale? Ecco un elenco riportato dal filosofo P. Nemo in CHE COS’E’ L’OCCIDENTE? (Ed. Rubbettino, 2009):

Democrazia rappresentativa, suffragio universale (voto personale, libero e segreto), separazione dei poteri, un potere giudiziario indipendente, una amministrazione neutrale, meccanismi per la protezione dei diritti umani, tolleranza religiosa, libertà di ricerca scientifica, libertà accademiche, libertà di stampa, libertà di commercio, libertà del lavoro, diritti di proprietà privata e garanzia di onorare i contratti.

Non si è trattato di un percorso lineare e semplice, ma che spesso ha richiesto tempo e sforzi non indifferenti. Dal punto di vista della democrazia liberale non esiste un sistema perfetto, tanto che ogni paese ha cercato di articolare quei principi spesso in maniera differente: ed è questo continuo interrogarsi e confrontarsi che permette al sistema di migliorarsi in continuazione.

Il punto che informa le liberaldemocrazie, o società aperte come le chiama Popper, è che anche le società crescono e si trasformano, come gli elementi biologici, grazie a fenomeni di autorganizzazione, che danno vita a un ordine che non esisteva precedentemente né che è creato artificialmente da autorità esterne.

I confini del mondo occidentale sono abbastanza chiari, anche se non tutti i paesi hanno vissuto le tappe che abbiamo visto: esiste un nucleo e cerchi più o meno concentrici, con tempi e forme distinti. Infatti, per quello che sappiamo dei processi evolutivi, nulla è mai scontato e ciò che in un determinato contesto si è affermato in un altro contesto è risultato fallimentare.

Orizzonte non vuol dire determinismo o necessità, ma possibilità.

Quali sono queste possibilità che vediamo oggi, possibilità che cerchino, dato lo sviluppo della società umana, di conciliare unità e diversità?

Nemo trova insufficiente il multiculturalismo in quanto ognuno gioca secondo le proprie regole e anche il “metissage” la cui ricerca del massimo comune denominatore impoverisce l’insieme.

Ancora meno realistico è il pragmatismo perché è ingenuo credere che le divisioni possano essere superate rimanendo silenziosi o lasciando irrisolti i conflitti sottesi.

Ed eccoci di fronte a un’altra possibilità: il dialogo tra civiltà.

Anche qui però occorre distinguere e riflettere.

Bisogna escludere il dialogo basato su negoziati politici, perché rischia di distruggere il meglio di ogni cultura, gli elementi di verità che ogni cultura ha rivelato. In ogni caso un generico dialogo correrà sempre sul filo dell’incertezza. Esistono nel mondo posizioni estreme difficilmente conciliabili, una per tutte, lasciando da parte i fondamentalisti, i mullah di Qom.

Molti si mostrano ottimisti e prendono per buone dichiarazioni di disponibilità offerte dai più incredibili soggetti, per ritrovarsi poi sempre più deboli. La buona volontà non è sufficiente perché un dialogo tra civiltà si realizzi: occorre che “ogni protagonista sia autenticamente se stesso”.

Un altro libro che può aiutarci a comprendere cosa sia l’Occidente è LA VITTORIA DELL’OCCIDENTE di R. STARK Ed. Lindau, 2014.La negletta storia del trionfo della modernità” è il sottotitolo del libro, che recupera e sviluppa gli studi di un altro celebre autore J. Diamond: Armi, acciaio e malattie (Einaudi 1998). Siamo in un terreno completamente scientifico, fuori dal moralismo e dall’anacronismo del politicamente corretto che ha abolito i corsi di “Western civilization” perché prosecutori del colonialismo. Per fortuna viviamo in Paesi liberaldemocratici e possiamo anche leggere libri di studiosi che non si vergognano di portare alla luce le proprie scoperte, compararle con gli altrui studi e così giungere ad esprimere le proprie conclusioni.

È evidente che l’Occidente ha vinto nei confronti di tutte le altre culture e lo ha fatto per la continuità di un percorso che ha migliorato le condizioni di vita dell’umanità. “Non c’è dubbio che la modernità occidentale abbia i suoi limiti e i suoi malcontenti. Eppure, è di gran lunga migliore delle alternative di cui siamo a conoscenza, non solo, o persino soprattutto, a causa della sua tecnologia d’avanguardia, ma anche del suo fondamentale impegno per promuovere la libertà, la ragione e la dignità umana(LA VITTORIA DELL’OCCIDENTE di R. STARK Ed. Lindau, 2014,pag. 562).

Citerò solo alcuni esempi, ma sia nel libro di Stark sia in quello di Diamond ne possiamo trovare molti altri.

1)La siderurgia cinese sviluppatissima nel X secolo grazie all’iniziativa privata fu confiscata e andò perdendo la sua importanza: i mandarini la consideravano una minaccia ai valori del confucianesimo e alla pace sociale.

2)Nel 1485 Bayezid II, sultano dell’Impero Ottomano, mise fuori legge la stampa.

3)Polvere da sparo e orologi apparvero in Cina forse prima che in Europa, ma poi quando arrivarono gli europei erano praticamente scomparsi.

4)Anche nei viaggi di esplorazione i Cinesi non furono secondi a nessuno, almeno fino al 1433: dopo cessarono perché un decreto imperiale proibì la costruzione di navi in grado di varcare l’Oceano.

Sono alcuni esempi che non sono semplici episodi, ma che riflettono una precisa visione del mondo: la visione del mondo che accomunava Islam e Cina nell’idea di declino, è espressa nel primo hadith del Corano: “Il tempo ha concluso il suo ciclo tornando là dove era il giorno in cui per la prima volta furono creati il cielo e la terra” (id. pag.69).

In Cina oltre all’idea confuciana per cui il passato era superiore si pensava che “nel mondo esterno non ci fosse nulla che potesse avere valore per la Cina e che qualsiasi contatto potesse destabilizzare l’ordine sociale confuciano” (id. pag. 73).

L’idea di progresso è assente in quegli universi.

Certamente questo percorso non è stato rettilineo, ma ha visto ritardi, lentezze, chiusure, rotture e restaurazioni: ciò che non è mai mancato, almeno fino ad ora, è stato l’orizzonte.

È così che emerge un punto di vista per fortuna sempre più condiviso che parla degli eventi in modo realistico. L’autore non nega aspetti violenti e di sopraffazione di cui l’Occidente si è reso protagonista, ma individua nella nostra storia una capacità di superare anche i momenti peggiori, dando vita e consistenza a un mondo senz’altro migliore. Cose di cui le altre popolazioni non possono andare fiere.

Questo è stato possibile perché, a differenza di altre culture, la nostra non si è mai tirata indietro nel coinvolgere un sempre maggior numero di persone nella conoscenza e perché costante del mondo greco come di quello cristiano è la convinzione che l’essere umano sia dotato di libero arbitrio.

Illuminanti nel ribaltare luoghi comuni purtroppo diffusi anche dalla scuola sono le pagine sulla schiavitù, sulle consuetudini atroci dei popoli nativi delle Americhe (come risulta dai resti precolombiani), sull’arretratezza del mondo islamico anche in quello che continua a essere esaltato come contrappeso ai Secoli Bui occidentali e che tale è rimasto nel corso dei secoli successivi. Illuminanti anche le pagine che descrivono l’abisso di conoscenza e di alfabetizzazione tra Occidente e resto del mondo e come non abbia alcun fondamento l’idea che la crescita dell’Occidente sia avvenuta a danno dei popoli degli altri continenti, mostrando al contrario gli effetti benefici prodotti in termini di medicina, cultura e tecnologia.

A proposito del colonialismo ho trovato una recente dichiarazione (2017) di Helen Zille, precedente capo dell’opposizione e poi premier della Provincia del Capo Occidentale in Sud Africa: “il colonialismo non fu solo negativo come dimostra l’indipendenza del nostro sistema giudiziario, le infrastrutture del trasporto, l’acqua corrente”. Frasi per cui si voleva processarla.

Sono analisi e riflessioni scomode, ma basate su studi seri e approfonditi: la vittoria dell’Occidente (come titola il libro) non è un postulato da cui partire, ma la sintesi di uno studio non indifferente, di cui le 48 pagine di bibliografia rendono giustizia.

A coloro che parlano di imperialismo culturale dell’Occidente Stark risponde che per coerenza allora dovrebbero “sentirsi a proprio agio di fronte a crimini contro le donne come la fasciatura dei piedi, la circoncisione femminile, la pratica del sati (che obbligava le vedove a morire tra le fiamme sulla pira funebre del marito) e la lapidazione delle vittime di stupro in quanto colpevoli del loro adulterio. Richiede anche di ammettere che la tirannia è auspicabile tanto quanto la democrazia e che la schiavitù dovrebbe essere tollerata se in linea con le tradizioni locali. Analogamente impone di considerare l’alto tasso di mortalità infantile, la perdita dei denti all’inizio dell’età matura e la castrazione di ragazzini, aspetti validi delle culture locali, da proteggere insieme all’analfabetismo” (id. pag. 555).

Orgoglio occidentale.