Il senso di questo capitolo sta nel rapporto con il politicamente corretto, mostrando come le radici culturali di questo costume e modo di pensare siano o prive di fondamento o in ritardo con i tempi di sviluppo della scienza contemporanea.

Il politicamente corretto, lo abbiamo visto ampiamente nei capitoli precedenti, non si limita a sostenere un’opinione che alcuni possono ritenere legittima, mentre altri contrastare; no, per i sostenitori del politicamente corretto le loro tesi sono un problema di sopravvivenza, di ordine morale, del Bene contro il Male. Come tutti i religiosi e gli accecati dall’ideologia, il non rispetto delle proprie tesi porterebbe il mondo alla catastrofe: la fine del mondo è stato per secoli un mantra catastrofico con cui spaventare i fedeli per spingerli a seguire le indicazioni dei capi; così hanno agito componenti della religione cristiana, così hanno agito e agiscono le sette, così il nazismo spiegava l’esigenza di combattere gli ebrei perché sono la rovina dell’umanità, così il comunismo voleva distruggere il capitalismo che avrebbe portato la fame e fatto soffrire gli esseri umani.

Spaventare perché ubbidiscano, anche ai più atroci ordini.

È in questo quadro che si colloca il politicamente corretto, nella versione ecologista come nella versione sessuale e di genere come nella dimensione socioeconomica e anche etnica. È il Male che ci troviamo di fronte e che dobbiamo sconfiggere.

Da un punto di vista epistemologico si tratta di una visione che conosciamo bene, perché è quella che ha caratterizzato la scienza moderna, quella seicentesca, quella di Galileo e Newton, che in compenso ha saputo migliorare la vita delle persone. Dico da un punto di vista epistemologico, cioè della conoscenza: si tratta di una visione deterministica che pretende di basarsi su leggi assolute e universali e dunque con un deciso grado di prevedibilità. Non è un caso che la stessa scienza seicentesca fosse un ramo della visione cristiana del mondo: Galileo giustificava i caratteri universali della scienza con il fatto che era Dio che aveva creato la Natura, e Dio, essere perfetto, non poteva aver creato un mondo imperfetto. Solo che la scienza aveva usato questo aspetto per allontanarsi lentamente dai dogmi della religione, dando vita a scoperte straordinarie e sistemi innovativi.

E la scienza attuale, della complessità, ne rappresenta un ramo evolutivo.

Il politicamente corretto invece non ha fatto nulla di simile, anzi si è fermato all’aspetto religioso, imponendo una visione che più che morale risulta moralistica; non solo, ma le sue proposte sono un ritorno a illusorie epoche lontane.

Un altro elemento che allontana il politicamente corretto dall’evoluzione del pensiero scientifico riguarda il rapporto con la storia.

Da un lato c’è il semplicismo, più volte messo in evidenza in queste pagine, di affermazioni basate sull’anacronismo, cioè affermazioni che entrano nel merito in modo astratto privandole del contesto di riferimento: anacronismo è valutare il passato con giudizi acquisiti di recente che non appartenevano a quell’epoca. Anacronismo e moralismo risultano strettamente interconnessi perché il primo si afferma grazie a valori assoluti (ab-soluti, sciolti, liberati) cioè privi di un legame temporale; alla stessa maniera il moralismo si consolida grazie al fatto che gli eventi storici sono privati proprio di ciò che li rende storici, il tempo e lo spazio in cui sono avvenuti.

Questa è la critica immediata che chiunque può fare, ma esiste una critica più radicale, perché investe le radici culturali del politicamente corretto. La scienza della complessità, cioè la scienza contemporanea, non si propone più la ricerca di leggi universali e assolute capaci di spiegare la realtà potendo quindi individuare elementi di previsione. La scienza contemporanea è una scienza evolutiva, che studia i fenomeni e vede le possibilità, non le certezze, che si aprono a partire da questi. Il carattere assoluto delle leggi scientifiche le privava e privava la realtà di un percorso evolutivo, cioè storico: Einstein, infatti, diceva che il tempo, cioè passato-presente-futuro, era solo un’illusione.

Tutti gli elementi che caratterizzano la nuova scienza, dalla fisica quantistica per arrivare alle neuroscienze, parlano di singolarità (vedi effetto farfalla), di interconnessione (la rete), di fenomeni dipendenti localmente e temporalmente (la freccia del tempo), insomma di Storia. La freccia del tempo di cui parla lo scienziato e Premio Nobel Ilya Prigogine indica il percorso che facciamo insieme alla natura di cui siamo una componente: non esiste solo un percorso evolutivo per le specie animali e l’uomo in particolare, ma esiste un processo che porta alla trasformazione anche gli elementi più apparentemente immobili della natura e dell’universo.

Nella visione del politicamente corretto non c’è la Storia; il politicamente corretto è possibile solo al di fuori della Storia.

Per comprendere ulteriormente questa distanza abissale tra il politicamente corretto e la scienza possiamo riflettere su come esso affronta il tema delle relazioni e il metodo con cui studia i processi.

La scienza della complessità si muove all’interno di una rete di relazioni in cui operano molteplici soggetti che stabiliscono legami reciproci non univoci, perché talvolta possono risultare più importanti relazioni che in precedenza risultavano secondarie. Non esiste una gerarchia determinata: ciò che oggi è centro, domani può essere periferia; non esiste dunque una direzione obbligata. È per questo che la complessità riconosce come il tutto sia maggiore della somma delle parti. Io parlo, a questo proposito, di logica complessa. Per decenni, e spesso ancora oggi, si contrappone la logica al non logico, spesso considerato irrazionale, mentre esiste una logica semplice e una logica complessa: ciò che chiamiamo irrazionale spesso è soltanto logica complessa.

Il politicamente corretto si muove in termini lineari, cioè di logica semplice, non reticolari. Prende in considerazione un fenomeno e lo tratta come un effetto, e ne individua una causa diretta: può anche riuscire nel trovare la causa, ma si ferma qui, evitando di vedere la rete di cui quel segmento è soltanto una modesta parte. Non solo, ma ciò che in termini di complessità è solo una modesta parte determinata nello spazio e nel tempo, per il politicamente corretto, estratta dal contesto, risulta essere un punto di riferimento assoluto e universale.

Il fenomeno del razzismo o quello del colonialismo sono due elementi significativi di quel modo di ragionare. Ne abbiamo parlato, ad esempio nel capitolo dedicato al razzismo, e ne riparleremo, ma sono esemplari. Nessuno nega l’esistenza di quei momenti che il politicamente corretto riferisce alla sola storia dell’Occidente, il nodo culturale per cui il politicamente corretto perde di credibilità riguarda il fatto che si limita a una fotografia. Non vede ciò che si è verificato al di fuori dell’Occidente, non vede come quei fenomeni siano stati combattuti molto più in Occidente, non vede come essi persistano in maniera diffusa ma solo fuori dall’Occidente. Il nodo, come dicevo, è culturale, perché ci si limita ad un rapporto causa-effetto completamente slegato dal corso della Storia, completamente isolato geograficamente. Il fenomeno viene ridotto così a un’escrescenza con cui si evita di fare i conti perché l’unica analisi che viene proposta è la condanna senza se e senza ma.

 

Per un approfondimento del tema rimando a quanto sviluppato proprio di recente in un libro dal titolo: COMPLESSITA’. Radici e senso di un concetto di cui non possiamo fare a meno. Un manuale contro i luoghi comuni.

Lo si può acquistare su Amazon nella forma cartacea oppure si possono consultare i vari capitoli sul mio sito: www.emiliosisi.it/

In particolare, per la maggiore attinenza con queste pagine ci si può concentrare sugli ultimi capitoli:

6)CONOSCERE LA CONOSCENZA: LA SCIENZA E LE SUE MOLTE FACCE. IL PASSATO.
7)CONOSCERE LA CONOSCENZA: LA SCIENZA E LE SUE MOLTE FACCE. IL FUTURO (parte prima).
8)CONOSCERE LA CONOSCENZA: LA SCIENZA E LE SUE MOLTE FACCE. IL FUTURO (parte seconda).
9)LA COMPLESSITA’, LA NOSTRA PERSONA, LA NOSTRA VITA.