Con la previsione di una sconfitta tedesca alla fine del 1944 il Muftì pensa al dopo: i nuovi compiti riguardano “azioni di guerriglia…trasporto di materiale da guerra in Palestina, accumularlo in posti segreti, per l’allenamento dei combattenti palestinesi e per la loro preparazione alle battaglie che seguiranno”. Non combattere gli Inglesi, ma prepararsi per lo scontro finale con gli Ebrei. La Radio rafforza i suoi messaggi antiebraici mostrando gli Ebrei come nemici dell’Islam, del Corano, pronti a distruggere popolo arabo e religione mussulmana. I Tedeschi continuano a investire nell’azione antiebraica palestinese anche con denaro, come 50.000 Reichsmark da usare dopo la fine della guerra.
Il Muftì era stato responsabile di crimini di guerra non solo per la caccia agli ebrei in Palestina ma anche con azioni dirette in Bosnia e impedendo la salvezza a migliaia di ebrei che avrebbero potuto recarsi in Palestina da Bulgaria e Polonia: gli Alleati, soprattutto gli Inglesi, non vollero incriminarlo per non rischiare conflitti col mondo arabo. Pessima decisione, perché l’odio e il terrore continuarono. L’Alta Commissione Araba viene così guidata dal Muftì escludendo i suoi oppositori: i presupposti per nuovo odio e nuovo terrore sono già in atto.
Le discussioni sulla possibilità di creare due stati, uno arabo e uno ebraico, diventano oggetto di attività terroristiche che comprendono minacce e assassini dei leader arabi non contrari alla partizione; ne fece le spese anche il cugino del Muftì e un leader sindacale. Minacce e morte andavano a colpire non i singoli ma i gruppi di persone che seguivano i leader, sempre più sottoposti al terrore. Nonostante la disapprovazione di leader arabi, anche importanti, Radio Zeesen aveva reso molto popolare il Muftì e ancor di più dopo la diffusione delle foto del suo incontro direttamente con Hitler. Per capire il clima di odio e terrore sono utili queste dichiarazioni dei Fratelli Mussulmani: “Un capello del Muftì vale più degli Ebrei di tutto il mondo…Toccare un suo capello comporterà l’uccisione di ogni ebreo in tutto il mondo”. La propaganda del Muftì viene ripresa dai Fratelli Mussulmani con sede in Egitto che insistono sul fatto che non sono in gioco territori, ma le sorti di Islam ed Ebraismo, si tratta di un dovere religioso, di una guerra santa di una jihad. Non solo ma le dichiarazioni della setta islamica trattano il Muftì alla stregua del Profeta: “Oh! Amin, grande…meraviglioso uomo. Egli è un uomo come lo fu Maometto…Dio è con te! Noi ti seguiamo! Noi sacrificheremo per la causa le nostre teste. Fino alla morte”.
Come si sa il 29 novembre 1947 due terzi degli Stati dell’ONU votarono a favore della nascita di due Stati in Palestina, uno Ebreo e l’altro Arabo: la gioia degli ebrei fu immensa, ma già il giorno dopo sei ebrei erano stati uccisi. Il terrorismo arabo continuò fino alla nascita di Israele il 14 maggio 1948, quando eserciti arabi dalla Siria, dal Libano, dalla Giordania, dall’Irak invasero Israele pensando di distruggere Israele come aveva dichiarato già in ottobre del ’47 il Segretario della Lega Araba: “Vorremmo evitare la guerra perché sarebbe una guerra di sterminio e un massacro che ricorderà quello dei Tartari contro i Crociati…Ma questa guerra si distingue per tre fattori: 1)la Fede…sarà la via più breve per il Paradiso; 2)sarà un enorme saccheggio; 3)sarà difficile contenere il fervore dei mussulmani provenienti da tutto il mondo per vendicare il martirio degli arabi di Palestina”. In effetti gli Stati Arabi si avvalsero di volontari, ma erano soprattutto mercenari provenienti dalla Polonia, dalla Bosnia, dalla Croazia e dalla Germania, tutti ex-nazisti.
Corpi armati arabi erano formati da collaboratori nazisti come Abd al-Qadir el-Husseini, Fawzi el-Kutub, Fawzi el-Qawuqji (ex Ufficiale della Wehrmacht) e i più di 1000 europei che si unirono alla guerriglia araba erano combattenti che si erano distinti nella caccia all’ebreo.
Nonostante i leader arabi fossero ambigui nella loro determinazione di scatenare una guerra contro Israele, l’aggressione avvenne subito dopo il ritiro inglese e la nascita di Israele. Eppure, esistevano, secondo gli studiosi, almeno 5 ragioni per non procedere nel confronto militare.
1)La guerra sarebbe stata un affronto alle Nazioni Unite;
2)La guerra avrebbe rappresentato uno schiaffo a mano aperta alle due superpotenze, USA e URSS;
3)Non tutti i leader arabi erano contrari alla partizione, almeno in privato, soprattutto Transgiordania ed Egitto;
4)Gli eserciti degli Stati Arabi erano giovani, privi di addestramento, e non ben equipaggiati;
5)Gli abitanti arabi della Palestina non erano stati consultati. E infatti molti non si arruolarono, molti stabilirono patti di non aggressione con i vicini ebrei e ci fu anche chi si schierò con gli ebrei (Hillel Cohen: Army of Shadows. Palestinian collaboration with Zionism): ciò è documentato per Tulkarem, Ramallah, Bani-Hasan, al-Maliha. Gli arabi di Palestina erano una comunità divisa che preferiva vivere in pace e solo una minoranza del 1.300.000 si iscrisse alla guerra contro Israele, come rileva un attivista arabo, Nimr al-Hawari, che parla di poche centinaia.
Con queste premesse non ci si sarebbe aspettata una guerra.
Per capire il motore degli eventi occorre tornare all’islamismo antisemita.
“Il Profeta Maometto ha combattuto gli Ebrei e chiamato i Mussulmani a continuare la lotta. Maometto ha cacciato gli Ebrei dalle terre arabe e ordinato ai Mussulmani di combattere fino alla loro estinzione”: così si pronunciava Radio Zeesen il 15 marzo 1943. Non era una novità, ma da allora la propaganda si fece più intensa e focosa, tanto che un dispaccio del Ministero degli esteri Inglese nel 1946 (quindi un anno dopo la fine della guerra) osservava che “l’odio antiebraico degli Arabi è più grande di quello dei Nazisti”. Nonostante fosse sempre più chiaro che i Nazisti avrebbero perso la guerra, continuarono e ampliarono la demonizzazione degli ebrei con invenzioni del tipo che “gli ebrei volevano cacciare gli Arabi che vivevano tra il Nilo e il Tigri”. Espressioni come queste non corrispondevano né alla realtà demografica né alle dichiarazioni degli ebrei né alle proposte diplomatiche; ciò nonostante, essendo basate sulla religione e richiamando Corano e Maometto, non fu difficile la presa presso gli Arabi. Queste invenzioni continuavano anche dopo la liberazione di Auschwitz e la comprensione dell’uccisione di 6 milioni di ebrei: difficile pensarli come aggressori, eppure la retorica di origine nazista non fu messa in discussione. Addirittura il Principe Irakeno e il Primo Ministro Giordano non avevano problemi a denunciare il Sionismo come “la più grande tragedia del XX° secolo” e “la causa delle due guerre mondiali”. Già nel 1947 si udì, per bocca del Rappresentante Siriano, una parola che risuona tutt’oggi, genocidio: gli Ebrei vogliono sterminare gli Arabi!
Nessuna difficoltà nel fare queste grottesche affermazioni da parte araba: se gli Ebrei controllavano la stampa mondiale, gli stessi USA e avevano avuto la forza di provocare due guerre mondiali, come era possibile che si fossero fatti uccidere in così tanti milioni? Alcune migliaia in USA e Gran Bretagna, ancora meno in Palestina.
È proprio vero che l’ideologia unita alla religione rappresenta al massimo l’offuscamento della mente. Ossessione paranoica.
La spiegazione di come fu possibile la dette già nel 1946 il Primo Ministro Egiziano Alì Mahir: “L’opposizione araba al Sionismo è il prodotto sia della propaganda Nazista sia della confusa politica inglese”: è curioso che sia gli storici sia i politici occidentali non prendano in considerazione il ruolo della propaganda nazista e la sua affinità con l’Islamismo.
Ancora una volta questa propaganda, veicolata dal Muftì e dai Fratelli mussulmani, faceva il suo effetto come i pogrom contro gli ebrei con morti e saccheggi al Cairo e Alessandria il 2 novembre 1945.
Quando Inglesi e Americani nel 1946 proposero che 100.000 ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio si stanziassero in Palestina i Fratelli Mussulmani risposero: “70 milioni di Arabi e 400 milioni di Mussulmani renderanno ciò impossibile. Il sangue scorrerà a fiumi in Palestina”. E così nel 1947 ben 25 unità con 20.000 guerriglieri aderenti ai Fratelli Mussulmani si stabilirono in Palestina per combattere gli Ebrei e spingere i Paesi Arabi alla guerra.
La nascita di Israele stava diventando sempre più un problema religioso, come dichiarò il leader dei Fratelli Mussulmani, Al-Banna: “(il piano di partizione) vi dà l’opportunità di entrare nel Paradiso…non esitate. Un vento soffia dal Paradiso, dolce dal profumo del martirio”. Anche i Mullah della prestigiosa Università Al-Azhar dichiarano che “salvare la Palestina è un dovere religioso di tutti i mussulmani”. E così via. Chi si rifiuta di combattere è un traditore, chi combatte invece sarà ricompensato come promesso dal Corano. “La mia ultima volontà è morire alla testa delle mie truppe che entrano in Palestina. Gli Arabi navigheranno nel sangue per purificare se stessi”.
Certo non mancarono episodi violenti da parte ebraica come il massacro di Deir Yassin, ma non c’è dubbio che, per quanto sanguinosi e indiscriminati, erano la risposta alle azioni militari e terroristiche di parte araba che precedettero la fine del Mandato Britannico.
Nonostante i numerosi documenti in parte noti e in parte portati alla luce di recente, si fa fatica da parte di politici e storici a riconoscere un ruolo alla propaganda islamo-nazista negli eventi militari con cui i Paesi Arabi e le Organizzazioni del Terrore cercarono (e continuano a cercare) di cancellare Israele dalla faccia della Terra.
Quando il Gran Muftì ritornò in Medio Oriente nel 1946 fu accolto dai Fratelli Mussulmani con queste parole: “Questo eroe ha combattuto il sionismo con l’aiuto di Hitler e della Germania. Hitler e la Germania sono passati, ma Amin el-Husseini continuerà la battaglia”.
Nonostante queste e altre dichiarazioni di proclamato antisemitismo, anche in sede ONU, fu preferito un atteggiamento di appeasement, componente essenziale ma non unica della situazione in cui quelle regioni si trovano anche attualmente. Evidentemente lo spirito di Monaco 1938 non aveva insegnato nulla.
Come ogni fenomeno storico occorre tenere conto della complessità che lo caratterizza. Non esiste più nell’analisi storica il rapporto causa-effetto che ha dominato per molto tempo sul calco della visione deterministica della fisica classica. Ciò vuol dire che l’antisemitismo islamico di cui conosciamo le manifestazioni anche ai giorni nostri non fu il prodotto diretto e automatico (determinista) della propaganda nazista operata dalla Germania e dai radicali in Medio Oriente; allo stesso modo non fu il prodotto diretto ed automatico di altri fenomeni cui alcuni storici fanno riferimento, come la Guerra dei Sei Giorni, la Rivoluzione Khomeinista, la nascita di Israele, le guerre perse ecc.
Detto questo non si può ignorare che la diffusione, tramite un moderno mezzo di comunicazione come la Radio, di semplici concetti antisemiti sullo stile hitleriano abbia svolto un ruolo decisivo, perché ha introdotto quei concetti antisemiti nel vasto pubblico. Come abbiamo visto il Corano presenta frasi antisemite e nei 1200 anni di vita dell’Islam non mancarono al suo interno prese di posizione antiebraiche, ma erano isolate e soprattutto riguardavano un gruppo ristrettissimo di persone, senza un diretto coinvolgimento delle masse.
Radio Zeesen e la propaganda islamo-nazista a cui si dedicò prima della nascita di Israele produsse un antisemitismo di massa la cui estensione non era mai stata raggiunta fino ad allora nel moderno mondo mussulmano.