• 1) NICOLA SCAFETTA: I modelli previsionali sul clima sono imprecisi (e contraddittori).

I modelli previsionali sul clima (GCM, cioè General Circulation Model) hanno la funzione di generare proiezioni dell’evoluzione climatica attraverso simulazioni dell’atmosfera e degli oceani sottoposti a numerose forze, variabili nella forma e nel tempo.

Questi modelli presentano delle criticità:

1) le misurazioni satellitari delle temperature non confermano quanto elaborato dai modelli;

2) i modelli non tengono conto di variabili fondamentali che influenzano il clima soprattutto per quanto riguarda l’attività del Sole.

Le variabili che influenzano il clima sono di due tipi, naturali (es. Sole e vulcani) e antropiche (CO2, polveri, uso della terra). Già sul prima aspetto si trovano discordanze significative: raddoppiando la CO2 atmosferica da 280 a 560 ppm (parti per milione) il modello russo prevede un aumento della temperatura di 1,8°C, mentre il modello canadese addirittura di 5,7°C.

Esistono a questo proposito molte evidenze empiriche che contrastano con i modelli come, ad esempio, il riscaldamento della troposfera: i modelli attuali parlano di un forte riscaldamento che non trova corrispondenza nei dati satellitari che mostrano tra il 1980 e il 2023 dati inferiori del 30% rispetto alle previsioni più moderate.

Inoltre, i modelli GCM hanno fallito nel riprodurre le oscillazioni climatiche nel corso del tempo soprattutto negli ultimi due secoli.

Dal 1850 ad oggi si è registrato un riscaldamento globale di circa 1°C, ma tutti i dati climatici presentano oscillazioni di circa 60 anni (30+30) portando ad alternanze di periodi di riscaldamento e di raffreddamento: dal 1910 al 1940 si è avuto un periodo di riscaldamento a fronte di minime emissioni antropiche, mentre tra il 1940 e il 1970 si è registrato un raffreddamento nonostante le emissioni antropiche fossero in continuo aumento (non a caso negli anni Settanta si prevedeva un futuro glaciale, ndr).

Torniamo alla complessità.

I modelli previsionali sono riduzionistici, cioè semplificano e così lasciano fuori variabili importanti. Ciò avviene sia per semplificare sia per limiti di conoscenza: ad esempio non si sa quanto sia variata l’attività solare nel tempo e così si preferisce semplificare considerandola costante. Poiché però il Sole svolge un ruolo decisivo la sua attività non può essere omessa e i modelli costruiti di conseguenza risultano inaffidabili da un punto di vista scientifico e le previsioni risultano fallaci. Il Sole influenza le nuvole e il sistema nuvoloso è il principale controllore del “climate change”. Mentre sappiamo del riscaldamento globale avvenuto nel Medioevo, ai modelli GCM questo non risulta perché considerano trascurabile il ruolo dell’attività solare, attività che oltre all’illuminazione è anche magnetica. Raggi cosmici e polveri interplanetarie.

Un altro problema con i GCM.

Dal 1979 si hanno a disposizione misure satellitari della troposfera che risultano essere inferiori del 30% almeno rispetto alle misurazioni fatte dalle stazioni sulla superficie terrestre. Studi ufficiali a partire dal 2009 hanno mostrato come le stazioni di rilevamento terrestre sono influenzate da fenomeni come l’urbanizzazione che spingono in alto le temperature. I dati presi sugli Oceani o in zone rurali tendono a coincidere con quelli satellitari.

I modelli GCM attribuiscono all’attività umana ogni forma di riscaldamento globale, mentre ci sono aspetti fisici che non vengono presi in considerazione: da qui l’allarmismo generato.

Secondo gli studi dello scienziato il Sole è responsabile del riscaldamento globale per il 50%, l’uomo per il 30% e il restante 20% è attribuibile a un residuo di calore urbano non adeguatamente filtrato. La conseguenza è che ci aspetta un riscaldamento moderato che può essere contrastato con politiche di adattamento senza quelle immagini catastrofiche a cui ci hanno abituato.

Dato il carattere variabile delle condizioni meteorologiche invece di proporre scelte distruttive (emissione zero) dovremmo pensare a politiche in grado di arginare eventuali fenomeni che sempre hanno accompagnato l’evoluzione del clima come alluvioni, siccità, tempeste (da quando ha attivato una politica di contenimento il Bangladesh ha ridotto notevolmente i danni a persone e cose per le alluvioni a cui è soggetto per la presenza del Gange-Brahmaputra in un contesto monsonico, ndr).

Lo scienziato ricorda che le proiezioni climatiche dei modelli GCM sono solo proiezioni e non previsioni. L’IPCC ( The Intergovernmental Panel on Climate Change, Organismo dell’ONU) parla di 5 scenari e uno di questi parla di riscaldamento moderato, ma l’enfasi è proposta sullo scenario estremo così da influenzare l’opinione pubblica e di conseguenza la pressione politica verso l’impossibile emissioni zero (basta ricordare come dei 151 scenari ai tempi del COVID l’enfasi fosse messa su quello estremo allarmando la popolazione con la paura di un’enorme quantità di decessi, cosa che la realtà ha semplicemente smentito, ndr).