FALSE ALARM – Come cambia il clima, il panico ci costa miliardi colpisce i poveri e non guarisce il pianeta, di Bjorn Lomborg (Ed. Basic Books NY, 2020)

Bjorn Lomborg è uno scienziato ambientalista che da decenni affronta il problema del cambiamento climatico senza pregiudizi né stereotipi, rifiutando gli slogan ideologici di facile impatto. Da più di 30 anni lavora insieme ad altri scienziati, compresi Premi Nobel, nel Copenhagen Consensus perché si operino decisioni realistiche e vantaggiose. In questo libro egli sviluppa quanto introdotto nei suoi precedenti studi, L’ambientalista scettico del 2003 e Stiamo freschi del 2008.

Lomborg non è un negazionista e parte dal presupposto che la terra si riscaldi nei prossimi 100 anni, ma ritiene sbagliato l’approccio comune evidenziato dai diversi Summit (da Rio a Kyoto a Parigi) e soprattutto da certa stampa e certa politica.

Il falso allarme che dà il titolo al libro si riferisce ai messaggi di panico e addirittura catastrofici che in genere vengono diffusi attraverso i media. Il senso del libro sta proprio nell’invito ad affrontare i problemi del riscaldamento globale da un punto di vista razionale, avendo come riferimento il benessere della popolazione mondiale.

In questa prospettiva Lomborg propone direzioni alternative e di più facile realizzazione, non roboanti ma efficaci e capaci di migliorare le condizioni di vita, diminuendo l’impatto che i cambiamenti possono determinare.

Due sono i principali punti di attrito della politica attuale: 1) la pretesa di concentrare gli interventi sulla radicale diminuzione di rilascio del CO2 legata soprattutto all’uso di energia di origine fossile; 2) il costo di questa politica in quanto tale e nelle esorbitanti spese a sostegno dell’energia solare ed eolica che, oltre ad essere costose, risultano inefficaci.

Si crea panico nella gente e i sondaggi lo dimostrano, perché i dati vengono presentati senza tener conto del contesto, presentando studi spesso non suffragati in campo scientifico o prendendo in considerazione le previsioni più catastrofiche oppure ancora isolando alcune parti. La mancanza di una visione d’insieme ha un effetto negativo perché orienta verso falsi problemi e false soluzioni e soprattutto perché si concentra su un unico obbiettivo, la riduzione di CO2 di origine fossile, mentre altre strade sono meno costose e più efficienti. E’ ormai chiaro che questo approccio non porta molto lontano, visti i risultati di 30 anni di bei propositi da Rio de Janeiro a Kyoto a Parigi.

Non solo i summit mondiali hanno mostrato il loro fallimento, ma sono risultate sbagliate anche le previsioni fornite a ripetizione relative alla fine del mondo o della civiltà: oggi la data di scadenza è il 2030 o il 2050.

Vediamo le previsioni del passato. Il biologo ambientalista Paul Ehrlich aveva previsto che 1-2 miliardi di persone sarebbero morte di fame alla fine degli anni ’70 e che la fine del mondo sarebbe avvenuta nel 1985.

Altri ancora nel 1974 prevedevano una fine vicina per l’avvento di un’era di ghiaccio, nel 1982 la data di scadenza era il 2000, nel 1989 era il 1992, nel 2006 per Al Gore era il 2016, nel 2009 era il 2017, nel 2019 era il 2020.

Due sono i punti fondamentali su cui Lomberg insiste e che non vengono di norma presi in considerazione: essi riguardano la capacità di adattamento che da sempre ha caratterizzato la nostra specie e l’importanza dello sviluppo economico (facilmente quantificabile in PIL).

Il libro fornisce una grande quantità di dati sull’evoluzione climatica andando oltre la semplicistica relazione tra [+t° = +CO2 = +petrolio] per cui [-petrolio = -CO2 = -t°] e mostrando il carattere ideologico, ricco di pregiudizi, offerto dalle proposte che vanno per la maggiore; queste, oltre ad essere costose e a danneggiare i paesi e le persone più povere, ci portano in una via senza uscita.

Il libro non si limita a mostrare tutto ciò attraverso il confronto dei dati ufficiali, ma fornisce una serie di proposte alternative; in particolare cinque sono le aree di intervento che risulterebbero più efficaci.

 

INTERVENTO 1: tassa sulle emissioni di CO2. E’ un primo passo anche se le regolamentazioni non funzionano perché richiedono un intervento dei Governi per regolare ogni passo di tutta l’economia. Una tassa però può orientare i produttori a usare energie non fossili e i consumatori a comprare prodotti meno cari. L’ideale sarebbe un’unica tassa globale, uguale per tutti i paesi. Utile ma non risolutiva e soprattutto difficile da realizzare nella forma ottimale.

 

INTERVENTO 2: innovazione, ricerca e sviluppo. La storia mostra come i miglioramenti ambientali si sono realizzati grazie alle Nuove Tecnologie.

Es. fine 1800: l’olio per lampade proveniva dalle balene che erano a rischio estinzione; non avvenne grazie all’uso del kerosene.

Es. anni ’60: paesi pieni di smog, ma gli impianti catalitici hanno subito permesso di migliorare l’aria.

Es. anni ’60 e ’70: paesi devastati dalla fame Africa, India, Cina; la rivoluzione verde con nuovi semi, OGM e altre innovazioni hanno permesso di ridurre notevolmente il fenomeno, tanto che ad esempio l’India è divenuta esportatrice di riso.

Oggi: invece di pagare in sussidi al sole e al vento 141 miliardi, basterebbero 100 miliardi nella R&D (Research and Development). Ecco alcune aree di intervento su cui si sta già lavorando ma che rischiano un freno perché la maggior parte delle risorse è rivolta al sole e al vento.

1)il fracking ha ridotto il prezzo di oli e gas, permettendo così agli USA la più grande riduzione nelle emissioni di CO2 nell’ultimo decennio.

2)l’energy storage: la ricerca va oltre le batterie delle auto.

3)il nucleare: Francia e Finlandia stanno investendo per migliorare la sicurezza e il rendimento.

4)la cattura dell’aria inquinata.

5)le alghe trasformate in olio.

5)la fusione nucleare.

INTERVENTO 3: adattamento. Nel corso dei secoli abbiamo dimostrato di avere sempre maggiori capacità adattative, grazie anche allo sviluppo e alla tecnologia.

Già l’industria vi provvede (es. in agricoltura la multinazionale Basf sta già intervenendo con le pompe e la Unilever con i gocciolatori).

L’agricoltura si orienterà su prodotti più adatti alle nuove temperature.

Il livello dei mari, cresciuto di 30 cm. negli ultimi 150 anni, può essere controllato con l’aumento delle difese, dove ogni dollaro speso fa risparmiare da 40 a 100 $ di danni; in Indonesia si sta procedendo al ripristino delle mangrovie che proteggono le coste.

Maggiori piogge richiedono una migliore pianificazione degli insediamenti e possono essere incanalate in aree che, come in Olanda, sono diventate parchi.

Per gli uragani si può procedere a diminuire i danni come è successo in Bangladesh (i morti sono passati da 15.000 fino al 1991 ai 12 dei primi 10 anni del 2000).

Molto si sta già facendo per incendi e colpi di calore come una migliore programmazione abitativa e la diffusione di Aria Condizionata, resa possibile da maggiore ricchezza.

INTERVENTO 4: ingegneria climatica (geo ingegneria). Sull’esperienza dell’eruzione del vulcano Pinatubo del 1991 (biossido di zolfo nell’atmosfera che abbassò per 18 mesi la temperatura di mezzo grado), si propone di spruzzare nell’aria acqua salata che diminuisce il filtraggio dei raggi solari abbassando la temperatura in tempi brevi e non definitivi: secondo lo studio del Copenhagen Consensus la spesa di 9 miliardi di $ per 1900 navi spruzzatrici potrebbe evitare l’aumento della temperatura previsto in questo secolo.

INTERVENTO 5: prosperità. Rendere i paesi più ricchi. Come si è visto per l’aria condizionata e per la crescita di paesi un tempo sottosviluppati, la ricchezza permette un miglioramento delle condizioni di vita e migliori interventi protettivi.

Nel 1953 in Olanda ci furono più di 1800 morti per inondazioni che ruppero i sistemi di protezione allora in uso; lo sviluppo economico ha permesso di investire in un sistema più sicuro. Il Bangladesh è un paese che affronta inondazioni disastrose, se diventasse più ricco potrebbe investire e migliorare la situazione.

Studi sulla Tanzania del 2018 hanno dimostrato che tra le famiglie povere quelle che, pur rimanendo povere, hanno migliorato le proprie condizioni sono riuscite anche a proteggersi meglio dagli eventi climatici dannosi.

MISCELLANEA

 

Qui di seguito alcune informazioni (estrapolate dal libro) che aiutano a comprendere la disposizione dell’autore che rifiuta il catastrofismo e invita sulla base di numerosi studi scientifici a pensare al problema del Riscaldamento Globale come un’opportunità per migliorare le condizioni di vita della popolazione mondiale proseguendo nel cammino che l’umanità ha percorso negli ultimi millenni. Ogni rottura con quel processo ci porterebbe indietro di secoli.

 

*Le emissioni di CO2 sono diminuite nei paesi ricchi, ma crescono nei paesi poveri: se gli USA realizzassero emissioni 0 nel 2100 la temperatura scenderebbe di 0,33°F=0,01°C.

*L’inquinamento dell’aria di casa è diminuito grazie all’aumento del benessere.

*L’inquinamento dell’aria esterna aumenta con l’aumento del PIL per poi diminuire grazie all’aumentata ricchezza. Lo stesso per le foreste, abbattute nei paesi poveri e aumentate in quelli ricchi.

*Si dice che il RISCALDAMENTO GLOBALE porterebbe più piogge, ma questo allevierebbe i paesi caratterizzati dalla siccità, mentre più acqua non necessariamente porterebbe a inondazioni perché verrebbe usata per l’agricoltura e l’industria.

*L’immagine dell’orso polare su un isolotto di ghiaccio non è più proposta: il problema sta nella caccia, indiscriminata fino al 1981 e poi regolata, con conseguente aumento del numero degli orsi polari.

*Le ondate di calore che uccidono: colpiscono di più il pubblico perché avvengono in poco tempo, mentre le ondate di freddo uccidono in più giorni; d’altra parte muoiono più persone per il freddo che per il caldo (negli USA i primi sono il 6,5% del totale dei morti, i secondi lo 0,5%). La ricchezza ha permesso di installare condizionatori facendo diminuire anche i morti per caldo.

*Il pianeta sta diventando più verde grazie al RISCALDAMENTO GLOBALE: le piogge, il rilascio di CO2 e le scelte dei governi (in Cina per esempio in 17 anni le aree verdi sono raddoppiate).

*Uno studio belga ha mostrato come il trend dei morti annuali per disastri sia in continuo calo dal 1920 (800.000) al 2019 (20.000) con un calo del 96% in cifra assoluta ma del 99% tenuto conto dell’aumento della popolazione.

*Tutti gli sforzi ufficiali dal 1992 per riparare il cambiamento climatico si sono dimostrati vani: da allora la produzione di anidride carbonica è andata regolarmente aumentando. La crescita economica di molti paesi per uscire dalla povertà è alla base di questo insuccesso.

*Non è vero che gli individui possono fare la differenza:

  1. a) i tagli sono modesti (la ricarica del telefono incide solo per l’1%).
  2. b) si risparmia denaro che viene speso altrove con aumento di CO2. Es. andare a piedi invece di prendere il treno.
  3. c) effetto del “moral licensing”: l’aver evitato una cosa negativa ci fa meritare un premio che cancella tutti i benefici: come dimostrato dal progetto “the ethical man”.

*Le auto elettriche sono zero emissioni solo quando viaggiano e la ricarica in genere avviene su base di elettricità da petrolio o carbone.

*Gli aerei emettono molto meno di prima (sia per il carburante sia per altre soluzioni tecnologiche e ingegneristiche) e chi rinuncia alle vacanze via aerea cade nel “rebound effect”, il risparmio porta a nuovi consumi che incrementano le emissioni.

*I governi spendono ogni anno 140 miliardi di sussidi per energia solare ed eolica che rappresenta solo l’1%. Nei paesi poveri questo tipo di energia è infinitamente meno efficiente della fossile, fornisce poca energia, in modo volubile e dunque incapace di favorire lo sviluppo produttivo (esempi in India e Fiji) e se si avvale di sussidi sono capitali sottratti allo sviluppo.

*L’Accordo di Parigi nel limitare l’aumento della temperatura di 2C°/1,5C° è un fallimento: ha un costo la riduzione nell’uso di fossili che viene tolto allo sviluppo tecnologico. EU= -320 miliardi. Cina=-200.US=-160. MX=-80. [totale è -760 miliardi di US$] entro il 2030. Si tratta di promesse che è impossibile mantenere come ha dimostrato la Nuova Zelanda.

Diminuire il PIL significa diminuire lo sviluppo e anche la ricerca che è ciò che aiuta anche i miglioramenti dell’ambiente.