BARBARA BENEDETTELLI: 50 SFUMATURE DI VIOLENZA. Femminicidio e maschicidio in Italia. (Ed. CAIRO, 2017 – Euro 14)

Finalmente anche in Italia un libro coraggioso che affronta un tema d’attualità senza nascondersi dietro i luoghi comuni tardo-femministi, luoghi comuni che, per il loro semplicismo, sono riusciti a diventare patrimonio sia di molti maschi piacioni sia di molte donne che hanno spostato su questo piano quanto gli è più familiare: “Vizi privati e pubbliche virtù”.

E’ probabile che l’aumento dei casi di violenza sulle donne non sia solo il frutto di una maggiore diffusione delle notizie grazie allo sviluppo dei social, ma che esso risponda al nuovo ruolo che la donna ha assunto e ha deciso di assumere negli ultimi 50 anni. Come è avvenuto in tutti i campi della vita sociale ogni individuo pretende un riconoscimento che entra spesso in conflitto col riconoscimento di tutti gli altri individui; questo conflitto naturalmente è più forte dove la relazione tra individui risulta più stretta. E’ un principio di prossimità che ha coinvolto nazioni confinanti, etnie interne a un Paese, eventi ricreativi come il calcio ecc.; e qual è il momento in cui due individui si trovano più vicini se non la relazione affettiva?

Anche persone dotate di cultura, intelligenza e sensibilità preferiscono attenersi al mantra semplicistico per cui è tutta colpa del maschio, cercando una giustificazione nel fatto che statisticamente i femminicidi sono maggiori dei maschicidi. Purtroppo la statistica non è mai stata alla base di una teoria e infatti se gli uni e gli altri sono in crescita e, se aggiungiamo che si comincia a registrare anche il fenomeno dei gaycidi, allora c’è con evidenza una spiegazione che nulla ha a che fare col genere.

Passiamo allora a parlare del libro e della sua importanza.

Due sono le caratteristiche decisive che fanno di questo libro un riferimento essenziale che può essere solo punto di partenza e allo stesso tempo punto di non ritorno.

La prima è proprio teorica, nel senso che sposta l’attenzione dalla dimensione ideologica del patriarcato come causa di tutti i mali all’ambito meno astratto e più storicamente fondato dei rapporti familiari e affettivi. In questo modo si abbandona un terreno che non porta a nulla in quanto caratterizzato dal moralismo, il Bene contro il Male, per entrare nelle dinamiche del cambiamento che non rispondono a nessun dettato morale e a nessun senso della storia. Grazie a questo spostamento si ottengono due effetti congiunti di grande importanza, quello di inserire il problema all’interno dello Stato di Diritto che non discrimina né in base alla religione né in base alla razza né in base al sesso, e quello di fornire strumenti percorribili di superamento di contraddizioni che la Legge di per sé può solo sanzionare ma non superare.

La seconda caratteristica decisiva del libro riguarda i numeri delle violenze perpetrate dentro l’ambito familiare o affettivo e il racconto di quelle dinamiche che ci mettono di fronte a comportamenti omogenei in quanto legati al nostro essere uomini e non al nostro appartenere a un sesso o a un altro.

Secondo il database della Polizia Criminale dal 2010 c’è stata una diminuzione di tutti gli omicidi volontari del 12% in 5 anni da 531 a 469, e in ambito familiare/affettivo abbiamo 168 casi di cui 109 vittime femminili e 59 maschili. In sostanza su tre vittime due sono donne e una è uomo. Nel periodo 2010-2014 le vittime sono state 923 di cui 578 femmine e 345 maschi (studio Eures): quindi 37 maschi e 63 femmine ogni 100 vittime. E’ curioso che l’attenzione si concentri solo sulle vittime di genere femminile e si faccia di tutta l’erba un fascio senza tenere presente che in alcuni casi l’omicidio ha ragioni diverse.

C’è una lacuna culturale, etica, morale da colmare. Oggi ci sono donne a capo dei governi, tra gli amministratori delegati, i militari, i camionisti, gli astronauti, gli ingegneri. Ma non riusciamo a vederle nelle vesti di carnefici” (pag. 59). L’autrice racconta che alla Rassegna culturale “Garda d’Autore” la moderatrice ha presentato il caso di una donna che ha accoltellato il compagno al collo, e dalla sala una signora ha gridato “Ha fatto bene!”. “Una frase inquietante, detta in tono scherzoso e con il sorriso. Se la vittima fosse stata una donna dubito che qualcuno avrebbe avuto il coraggio di fare dell’ironia” (pag. 45). Quando l’omicida è una donna il condizionamento culturale e mediatico fa sì che automaticamente il pensiero vada a un assassinio per autodifesa, cosa indubbiamente presente ma che è solo una parte del fenomeno.

Tutti i casi riportati dall’autrice, e sono alcune decine, mostrano che le donne uccidono come gli uomini e per le stesse motivazioni; mostrano anche che l’atteggiamento psicologico che sta alla base è simile in entrambe le situazioni mostrando come l’odio che porta all’omicidio sia spesso intrecciato con l’amore.

Numerosi studi, negli USA, in Gran Bretagna, Canada mostrano come il possesso e il controllo appartengano alle donne e agli uomini e non sono prerogativa di un solo genere. Anche in Italia non mancano i dati, sebbene si preferisca far finta di nulla e cullarsi nella semplicistica accusa al maschio. Ad esempio uno Studio dell’Università di Siena in collaborazione con la Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza fatto nel 2012 e uno studio precedente dell’ISTAT.

Emerge anche da una seria ricerca sul web che le violenze fisiche (da graffi e morsi alle minacce di usare armi) sono simili e lo stesso le violenze psicologiche: “Non sei nessuno; fai schifo; fai un lavoro poco remunerativo” e anche lo stalking non manca (Cap.2).

Il libro offre una quantità enorme di informazioni relative a dati e a fatti di cronaca che stupiranno il lettore che si è abituato alla vulgata delle donne sempre e solo vittime. Purtroppo la situazione pone importanti interrogativi non sul fantasmatico potere patriarcale ma sulle relazioni affettive e sentimentali, portando alla luce un’esigenza sempre più forte (v. il mio libro Lascia che il tarlo scavi, lascia la piaga gemere: amore e complessità), quella di fare i conti con noi stessi e soprattutto con le relazioni cui diamo vita. Dell’amore crediamo di sapere tutto e in realtà non sappiamo nulla, perché ci siamo fermati al “ti amo” e al “cuor non si comanda”, frasi che dimostrano oggi, nella società sempre più complessa in cui viviamo, di non servire a nulla.

“Noi donne siamo sempre vittime? Proviamo a farci un esame di coscienza. A guardare la nostra storia relazionale con profonda onestà…Quante volte…riversiamo sui nostri cari le frustrazioni, la stanchezza, la rabbia che non abbiamo potuto sfogare altrove? Lo fanno gli uomini e lo facciamo noi donne. Solo che noi ci sentiamo (autorizzate dalla cultura) comunque vittime e allora tutto ci è concesso: è sempre per difesa. Usciamo dall’ipocrisia: ogni rapporto intimo contiene un certo grado di aggressività reciproca, soprattutto verbale, ma anche psicologica” (pagg. 109-110).

Potrei citare i numerosi episodi riportati dal libro, episodi in cui la descrizione delle violenze e degli omicidi risulta raccapricciante, degna dei film sul tema, ma preferisco che il lettore si stupisca personalmente e provi una specie di catarsi, rivedendo i propri giudizi stereotipati. Cito solo un aspetto che si tende a non (voler) vedere e che riguarda la famiglia. Mentre all’inizio del nuovo secolo ancora non si voleva prendere atto che la maggior parte delle violenze avveniva ad opera di familiari, oggi questo aspetto è, se non proprio riconosciuto pienamente, almeno accettato in qualche modo. Molti film hanno illustrato la violenza (anche quella sessuale) che si compie in famiglia, spesso nel silenzio e talvolta anche nella connivenza. Naturalmente è il padre, cioè il maschio, il protagonista di tali situazioni. Scopriamo invece, dall’esperienza ormai trentennale di Telefono Azzurro, Centro Nazionale di Ascolto e Emergenza Infanzia, che il ruolo delle madri nella violenza sessuale nei confronti dei figli maschi non è di poco conto, attestandosi nel 2015 al 12,3% dei casi.

Insomma, e per concludere, il libro opera una vera e propria “Rivoluzione copernicana” nei confronti del tradizionale punto di vista sulla violenza legata a rapporti affettivi, reali o presunti, e per questo merita di essere letto, soprattutto oggi che, almeno a parole, tutti esprimono il proprio solare dissenso nei confronti di ogni forma di violenza. Purtroppo le opinioni sono dure a morire e non c’è nulla di più gratificante che fare bei discorsi e seguire la corrente.