CHENGDU

Capitale dello Sichuan e quarta città per numero di abitanti, ben 14 milioni, la città si trova al centro di un’area molto interessante da un punto di vista turistico per aspetti sia storici sia naturalistici oltre ad essere punto di riferimento essenziale per un lancio verso il Tibet.

C’ero stato 30 anni fa e devo dire che ho trovato un’altra città come è successo anche per Xi’an e Shanghai. Allora la città era invasa dai motorini che, come un nugolo di uccelli, sciamavano lungo strade non particolarmente larghe, ma piacevoli perché contornate da alberi; già allora ci chiedevamo come avrebbe fatto la città a sopravvivere quando, ed era prevedibile, anche solo la metà di quei motociclisti si sarebbe trasformata in una massa di automobilisti. Oggi la città non solo è sopravvissuta, ma è vissuta in modo molto facile, senza tanto inquinamento, nonostante il numero delle auto sia cresciuto anche più di quanto allora pensavamo.

E’ ciò che è successo in tutte le grandi città cinesi in questi tre decenni.

Allora sembrava un grande villaggio con case basse e un’attività febbrile, mentre oggi il suo aspetto è simile a quello di tante metropoli sia occidentali sia orientali. Sono stati creati ampi viali sia di scorrimento sia di circonvallazione. Sono state spostate in periferia le stazioni ferroviarie per l’arrivo e la partenza dei treni-proiettile che hanno sostituito per l’80% i vecchi macchinari, è stata creata una rete metropolitana sotterranea che è molto usata, permettendo un adeguamento del traffico di superficie, dove sono state create corsie preferenziali per gli autobus e in centro anche per i motorini.

I vecchi edifici pubblici di origine sovietica sono stati smantellati e sostituiti da moderne strutture che, pur mantenendo la pomposità da regime, risultano molto funzionali; si è permesso a banche, imprese e negozi di crescere di numero favorendo la formazione di grattacieli. Si percepisce un’attività frenetica che comprende il lavoro e lo svago, mentre prima il movimento sulle strade era solo indice di spostamento. Sono nati diversi centri commerciali con molti piani e ognuno ha un piano riservato al cibo in modo che gli acquirenti vi si fermino quando vanno a fare shopping: cose che conosciamo ma che per il Paese rappresentano una novità inebriante. Nella piazza principale di Chengdu, Tianfu square, enorme spazio con due enormi rose rosse e un monumento a Mao Tse-tung, c’è un Centro commerciale con alcuni piani dediti ai Manga e agli Anime giapponesi: nei pochi giorni che siamo stati a Chengdu abbiamo visto migliaia di giovani percorrere quei corridoi vestiti secondo i personaggi preferiti, tanto che Beatrice, che ama il genere, ha riconosciuto che era tutto meglio di Lucca Comics.

La città ha saputo integrare il vecchio e il nuovo, in modo che si recuperasse il passato e allo stesso tempo si offrisse una prospettiva nuova ai giovani, che frequentano i numerosi templi, fanno offerte, pregano, si intrattengono con i monaci e poi vanno a fare acquisti di prodotti cinesi e internazionali, soffermandosi per il the in una classica “Casa da the” e per il caffè da Starbucks. Artisti di strada illuminano pareti, mentre artigiani non disdegnano la lode al lavoro cinese: un’intera area, (Vicolo largo e vicolo stretto), un tempo insieme di abitazioni anche secolari è diventata il grande centro pedonalizzato della città dove si trova di tutto, Oppo e Samsung, Lenovo e Apple, spiedini di carne, hot dog, zampe di gallina, tanti dolci e tante bevande, per non parlare del “gelato” sempre italiano. E’ centrale, appena a una stazione della Metro da Tanfu Square (Chunxi Road) e vi si possono vedere monaci veri e riproduzioni di Panda in formato gigante. I monaci provengono dal vicino Tibet e girano tranquilli, ben inseriti tra la folla, non certo copie di Amish, mentre per i Panda vale un discorso specifico. Chengdu presenta un centro di cura in città dove si possono vedere Panda in grande quantità e a un centinaio di km c’è un’area protetta di riproduzione dove i Panda vivono allo stato (quasi) naturale. Chengdu è dunque, insieme a Pechino, l’unico luogo per una full immersion in questo mondo.

Non sto a ricordare i diversi templi che si possono visitare anche se presentano tutti le stesse caratteristiche, con i maestosi e terrificanti soldati colorati a guardia dell’ingresso e i diversi Buddha al centro degli edifici di culto, accompagnati da altre figure religiose, come gli 8 immortali o gli Arhats o Guan Yin la Misericordia dalle 18 braccia.

Chi viene a Chengdu lo fa spesso come punto di partenza per destinazioni abbastanza vicine, oltre ad essere il riferimento per la visita in Tibet (impossibile in modo indipendente): noi siamo stati a Dujiangyan, ai Monti Qingcheng e a Leshan. I primi due sono a Ovest e vicini, mentre il secondo è a Sud.

A Dujiangyan c’è un antico sistema di irrigazione con fiumi, laghi, ponti e templi… e tanta tantissima gente. Il luogo è caratteristico perché si tratta di luoghi sacri che hanno una storia e la natura si presenta folta e impetuosa: naturalmente ristoranti, case da the, negozi di alimenti e souvenir si mescolano come sempre.

Ai Monti Qingcheng si possono fare escursioni nella natura incontaminata avvantaggiandosi nell’ascesa di una funivia che porta a un gruppo di bellissimi templi e che, nel periodo in cui siamo stati, richiedeva una fila di circa un’ora per scendere. Per la prima volta ho rivisto i portatori che evitano ai clienti le maggiori asperità grazie al trasporto su lettiga e, mentre 30 anni fa erano più numerosi ed i clienti erano i primi nuovi ricchi, ora mi sono sembrati pochi e con poca attività.

Leshan è invece un centro a 140 km (50’ di treno) speciale per la presenza di un Buddha seduto gigante (71 metri) scavato sulla montagna: 30 anni fa non c’era nessun turista, ora è stato creato un sistema enorme con bussini gratuiti da luogo a luogo e una mini crociera per vederlo a distanza dalle acque del fiume Dadu. Sentieri che salgono e scendono per arrivare alla testa e poi ai piedi e un bellissimo tempio proprio sopra la testa, ma anche numerosi altri monumenti, antichi e recenti, come due grandi statue nelle grotte della parete orientale accompagnate da incisioni e sculture, oltre a un lunghissimo Buddha sdraiato. Mettersi l’animo in pace per i biglietti, servirsi dei bussini per non stancarsi troppo, accogliere la fatica del cammino, il sudore e la compagnia come caratteristica del luogo e fare le cose con calma. I bagni non mancano, i venditori di cibo pure, ma i più gettonati sono i venditori di frutta già tagliata in grandi bicchieri (cocomero era il top). Un giorno è necessario per la visita.

Poco distante da Leshan c’è una delle montagne sacre della Cina, gli Emei Shan che ho visitato 30 anni fa, ma che richiede un giorno intero e anche più, tenendo conto che ci si può servire sia di piccoli bus sia di una funivia. Se non si vuole tagliare qualche pezzo o qualche tempio dobbiamo pensare a due giorni di visita.

Visto che ho citato le toilette, va detto che in tutte le città cinesi, da Hong Kong ai centri continentali, esistono toilette pubbliche pulite praticamente ogni km e non occorre umiliarsi presso un negozio per potervi accedere: in genere sono gratis, provvisti di acqua (talvolta anche drinking) e quasi sempre di carta igienica. I più semplici sono alla turca, in molti c’è anche il vaso sanitario. In un tempio in montagna gli spazi erano aperti e ci si poteva vedere mentre operavamo.

La cucina del Sichuan è famosa per essere piccante e presenta molti piatti tipici di cui si può approfondire la conoscenza nel vicino distretto di Pidu a 30 km dove c’è il Museo della Cucina del Sichuan: maiale, pesce, anacardi, peperoni, varie spezie e molto uso di tofu.

Ottimo centro e ottima base di partenza: Chengdu è un must.