Non cercava più isole felici perché era lui stesso un’isola felice, in balia del cielo e del mare, nutrita dai semi trasportati dal vento e dagli escrementi di gioielli alati, resa più grande dai detriti del corallo, protetta dalla ronda di pesci guizzanti. Disteso sotto le sue stesse palme continuava a farsi cullare.
Piacere, piacere legitttimo e aspirato dei sensi. Dita affettuose e umide labbra che ne titillano i capezzoli. L’ebbrezza di un bianco frizzante o di un rosso maturo. Cibo vario e gustoso. Le malinconiche note di “Sacrifice”. Il ritmo profondo del Tannhäuser. I profumi di spezie locali. La vista di opere “belle”. Questo è piacere e con esso i mille intrecci che i sensi son capaci di fare. Una corsa sul campo di calcio, bracciate sull’acqua celeste, uno scherzo gentile…..

E la mente si chiede e ricerca il perché di un piacere che nasce coi sensi e coi sensi rimane. Ed è certo che i gusti rinviano ad altra, spesso umana, incidenza. E pian piano la mente si stacca dalle cose e dai sensi, si allontana da essi e dai loro contorni, e il tutto concreto sembra sfumare in nebbie vitali. E’ così che compare un folletto che ci piace chiamare anima o spirito; era stato sempre presente, a fianco del caso, e ora porge la mano, offre il suo aiuto, porta più oltre. E’ immateriale? è fatto di atomi, di onde sonore o di impulsi o di pietre preziose o di rena finissima? Proprio non so. E non ci interessa.
Il piacere, importante, dei sensi e se vuoi della mente, lascia il posto a parola ignorata derisa ignota. E’…..felicità.
Forse potrà leggere o scrivere solo ciò che il silenzio depone tra sorrisi e sguardi stellari.
Forse si fermerà, a riposarsi, a leggere fogli raccolti per terra, a scrivere pagine sofferte di felicità.
Forse indugerà su pensieri irrisolti che ne hanno accompagnato il sorriso, forse attingerà alle ordinate illusioni che volle rendere confuse e irrequiete, forse parlerà sotto voce a se stesso rischiando di non sentire, forse vorrà solo dormire.
Ma sarà comunque felice.
Perché felicità non si misura e neppure soppesa; non ha dimensioni, non è fatta di attimi (tanto meno fuggenti), non è fatta di cose o sostanze. Felicità non sa dove andare, non sa se correre o camminare, semplicemente non sa…..
Saperla è invece felicità, e volerla e amarla e cercarla e sognarne gli incerti profumi, (chiudendo gli occhi per gioco o travasando gerani). Pensarla radicata nel cuore, tra povere rime, in assenza di ritmi, lontano da spiagge gloriose.
Quel viandante continua il viaggio che sente nel cuore; conosce la strada ma non sa dove andrà. Pronuncia parole non sempre fedeli, ma scrive parole che l’anima scopre. E quei fogli, taciturni e complessi, li lega ad un filo per farne aquiloni, che porta con sè, che lascia poi andare al gioco del vento.
Non sa, ma respira l’amore, respira nell’aria felicità.
(Emilio Sisi: Il flauto di Pan-L’orizzonte del tempo)